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XXIII Domenica del tempo ordinario – Anno B.


Gesù che guarisce il sordo

Vangelo


In quel tempo, 31 Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il Mare di Galilea in pieno territorio della Decapoli. 32 Gli portarono un sordomuto e Lo pregarono di imporgli la mano. 33 Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “Effatà” cioè: “Apriti!” 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più Egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!” (Mc 7, 31-37).


I sordi sentono, i muti parlano


Un fatto apparentemente comune tra i numerosi miracoli operati dal Signore in Israele, ma con considerevole didattica, ci insegna la necessità e i mezzi per guarire dalla nostra sordità e mutismo spirituali.


I – Presupposti per una migliore comprensione del testo


I testi sacri, in particolare i Vangeli, sono ricchissimi di contenuto e molto più si prestano alla meditazione e ad approfondimenti che a una lettura affrettata. I versetti di San Marco scelti per questa 23ª Domenica del Tempo Ordinario sembrano costituire la semplice narrazione di un altro dei numerosi miracoli di Gesù. Tuttavia, le lezioni in essi contenute sono tali da condurre alla santità chiunque si applichi a comprenderle, amarle e viverle con perfezione.


La narrazione di San Marco


L’episodio narrato nel Vangelo si svolge in terre pagane, poiché la furia dei farisei, oltre alla cattiveria persecutoria di Erode, assassino di Giovanni Battista, aveva portato Gesù a porSi al di fuori della giurisdizione di questi e lontano dalla portata di quelli. Nostro Signore aveva abbandonato i confini di Tiro e Si dirigeva al Mare della Galilea, attraverso Sidonia. Così, evitò di creare un centro determinato per le sue predicazioni e arrivò persino a diradarle. Ma la fama dei suoi miracoli Gli rendeva impossibile passare inosservato, poiché il suo Cuore, tutto fatto di misericordia, non resisteva a qualunque malato Gli si presentasse, attirando a ogni passo la folla che sgomitava per assistere alle guarigioni da Lui operate e sentire le sue parole di vita eterna. Il fatto in questione è narrato esclusivamente da San Marco, e si armonizza in maniera sapienziale con tutto il resto delle parole utilizzate lungo la Liturgia di questa domenica.


Le letture proprie di questa giornata


Nell’universo, troviamo riflessi di Dio sparsi perfino nelle più insignificanti creature, ma in Gesù ci imbattiamo con la divinità nella sua sostanza. Tutto in Lui ha una molteplicità di significati portata all’infinito, che ci invita sempre a salire per analizzare le sue parole, gli atteggiamenti e persino i gesti, attraverso punti di vista più elevati. Non sono state scelte a caso queste letture e il Salmo Responsoriale.


Nella prima lettura (Is 35, 4-7a), Isaia incita alla fortezza e alla fiducia totale in Dio, enumerando alcuni dei miracoli che sarebbero stati operati come prove irrefutabili della determinazione di Dio a salvarci. In questi quattro versetti traspare l’impegno del profeta a farci comprendere gli aspetti soprannaturali dei miracoli del Signore.


Gesù guarisce gli infermi per dar prova della sua divinità, e anche per alleviarli dai dolori, per compassione di quelli che soffrono. Inoltre, ci insegna quanto le malattie e il suo potere di guarirle siano riflessi di una realtà molto superiore: quella delle relazioni degli uomini con Dio e viceversa. “Il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti” (Sal 145, 8), si canta nel Salmo Responsoriale.


La seconda lettura (Gc 2, 1-5) prepara il nostro spirito a un’esatta impostazione rispetto all’insieme degli insegnamenti contenuti nel testo liturgico di quest’oggi: “la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali” (Gc 2, 1). Ossia, la nostra condotta durante la vita terrena deve esser regolata in funzione della gloria eterna; siamo qui di passaggio e abbiamo bisogno di abituarci ai concetti della nostra vera Patria, il Cielo. Per quanto l’importanza sociale e umana di questi o di quelli ci obblighino, per educazione, a usare un’equilibrata deferenza, il nostro vero amore e considerazione del prossimo saranno perfetti solo se praticati in funzione della virtù esistente negli altri. È fondamentale essere “ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che Lo amano” (Gc 2, 5).



Gesù guarisce vari malati

II – La guarigione del sordomuto


È dall’alto di questo punto di vista della fede che dobbiamo analizzare e assimilare le verità e le lezioni contenute in questo Vangelo.


“Gli portarono…”: l’apostolato laico


In quel tempo, 31 Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il Mare di Galilea in pieno territorio della Decapoli. 32a Gli portarono un sordomuto…


Se questo sordomuto non fosse stato condotto da altri presso Gesù, probabilmente non avrebbe recuperato la parola e l’udito. È commovente incontrare nel Vangelo – e con frequenza – menzione alla sollecitudine del popolo giudeo verso i bisognosi, a volte incapaci di muoversi con le loro proprie forze. Arrivavano a introdurli dal tetto all’interno della casa dove Si trovava il Messia (cfr. Lc 5, 17-20); o gettavano ai suoi divini piedi una grande quantità di zoppi, ciechi, muti, storpi, ecc. (cfr. Mt 15, 30); o, in casi estremi, li conducevano in barelle e li collocavano nelle piazze affinché potessero toccare le sue vesti, perché in questo modo sarebbero guariti (cfr. Mc 6, 55-56). Se non ci fosse stato questo apostolato collaterale, Gesù non avrebbe operato quei miracoli…


Il Signore vuole l’apostolato esercitato dalla Gerarchia e così è stata costituita la sua Chiesa. Eppure, non solo approva ma anche desidera che i movimenti laici agiscano in collaborazione con l’autorità ecclesiastica. Non erano gli Apostoli e nemmeno i discepoli gli strumenti utilizzati per portare i bisognosi al Maestro. In questo episodio traspare il vero ruolo dei movimenti laicali, che Giovanni Paolo II tanto ha fatto per strutturare, proteggere e promuovere, e di cui è giunto ad affermare che erano “la risposta, suscitata dallo Spirito Santo, a questa drammatica sfida di fine millennio”.1



Piazza San Pietro

I laici non devono mai dimenticarsi dell’essenza, della forza e dell’obiettivo del loro apostolato: condurre tutti ad approssimarsi a Cristo, per toccarLo o per lo meno vederLo. Egli è Colui che dà la crescita, di modo che “né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere” (I Cor 3, 7). Sarà sterile ogni apostolato che non porti gli altri ad avere un contatto con Gesù, poiché è solamente da Lui che procede la virtù risanatrice e salvifica. Per questa ragione, il lavoro apostolico sarà efficace se saranno condotti alla vita sacramentale quanti la Provvidenza colloca sulla nostra strada. Questo altissimo compito può essere esercitato attraverso la preghiera, la parola, l’esempio e l’azione diretta.


E il miglior mezzo a tale fine è fare tutto attraverso la Madonna, come ci insegnano la Chiesa e tanti Santi, in particolare, San Luigi Maria Grignion de Montfort.


Un sordomuto


32b …e Lo pregarono di imporgli la mano.


Si capisce, dalla continuazione della narrazione, che si trattava di un’infermità contratta, e non congenita, poiché, quando la lingua gli si sciolse, cominciò a parlare “correttamente”; pertanto, aveva imparato a conversare dall’infanzia. Anche se è raro, questo trauma dell’impedimento della normale locuzione a volte si stabilisce in questi o quelli, costituendo un tormento per le loro vittime. In questo caso del Vangelo, inoltre, il poveruomo era sordo e, secondo molti esegeti, questi due problemi hanno avuto una sola origine e sono sorti in concomitanza dopo un’infezione o una qualsiasi altra malattia.


Le Scritture Sacre possiedono, oltre al senso letterale, numerosi altri significati spirituali. Succede anche per questo miracolo narrato da San Marco. Come fatto concreto, esso rappresenta un ulteriore elemento per fortificare i fondamenti della nostra fede in Nostro Signore. Ma, da un punto di vista simbolico, come interpretano i Santi Padri, la sordità rappresenta l’indurimento dell’anima che non sente ormai più la voce della grazia, la chiamata di Cristo; mentre la mutezza rappresenta la dimenticanza o il rilassamento nel lodare Dio. Non di rado, il Salvatore stesso è arrivato a lamentarSi degli Ebrei che, avendo un udito normale, non sentivano.


Il sordo di Dio


Sentire la voce di Dio è assumere l’atteggiamento di Samuele, “Parla, Signore, perché il tuo servo Ti ascolta!” (I Sam 3, 9), o quello di San Paolo sulla via di Damasco (cfr. At 9, 6), o quello di tanti altri. In senso opposto, il peccatore, a causa del frastuono delle sue passioni, finisce per diventare sordo agli appelli di Dio, giungendo perfino a dimenticarsi dei messaggi soprannaturali ricevuti in passato. La sordità simbolizza tutta l’insensibilità dell’anima nel suo rapporto con il Creatore.


Numerosi sono i mezzi con cui Dio cerca di entrare in contatto con noi. Prima di tutto con l’ordine della creazione visibile (cfr. Rm 1, 20); successivamente attraverso i fatti palpabili e tangibili prodotti dalla provvidenza naturale e soprannaturale, sui quali il Libro della Sapienza ci insegna meravigliosamente (cfr. Sap 10–11). Dio parla agli uomini attraverso il Magistero infallibile della Santa Chiesa, come anche per tocchi sensibili della grazia o con la voce della coscienza. La Sapienza, come dichiara la Scrittura, “nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano. Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta” (Sap 6, 13-14). Ossia, Dio sta in ogni istante chiamandoci a partecipare alla sua gloria e felicità eterne.


“Le mie pecore ascoltano la mia voce” – ha detto Gesù – “e Io le conosco ed esse Mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano” (Gv 10, 27-28). Ecco il segno inconfondibile per sapere chi è di Dio e chi non lo è: “Chi è da Dio ascolta le parole di Dio” (Gv 8, 47), ha detto anche Nostro Signore, dopo aver affermato che erano i farisei, figli del demonio (cfr. Gv 8, 44).


È più sensibile a Dio chi Lo ama intensamente, proprio come troviamo sempre in San Giovanni: “Se uno Mi ama, osserverà la mia parola” (Gv 14, 23).


Purtroppo, la sordità spirituale è molto più generalizzata oggigiorno che in altre epoche storiche. Anche tra gli stessi battezzati. Un infinito numero di anime ha le orecchie indurite alla Parola di Dio, sia per mancanza di formazione, sia per la penuria di preghiera. Quanti sono gli atei pratici che non pregano mai! Tuttavia, per ricevere una comunicazione proveniente dall’eternità, basta porsi in stato di contemplazione. Chi non procede così, difficilmente discernerà, nel frastuono e nelle afflizioni del mondo moderno, la voce della grazia. Ed è necessario non dimenticarci del consiglio della Scrittura: “Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori” (Eb 3, 7-8).


Il mutismo spirituale


Esser muto nell’ordine dello spirito, secondo i Padri della Chiesa, consiste nel silenzio di chi avrebbe l’obbligo di glorificare Dio. Terribile è questo male – e quasi sempre conseguenza del precedente –, poiché, anche se non fossimo stati elevati all’ordine soprannaturale, per il semplice fatto di essere creature di Dio, avremmo il dovere di riportare a Lui ogni onore e gloria, proprio come ci dice Davide: “I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento” (Sal 18, 2).


Tuttavia, noi, in quanto battezzati, siamo figli di Dio e non mere creature, per questo ci compete l’incarico di dare pubblica testimonianza della grandezza della nostra Religione e di Cristo Gesù, in particolare, poiché Egli ha il diritto di vedere il suo splendore manifestato tutti i giorni. È questo uno dei mezzi fondamentali per attrarre coloro che ancora non Lo conoscono e infervorare quelli che già hanno abbracciato le sue vie.


Questo obbligo è così grave, che se dovessimo scegliere tra morire o rinnegare Cristo, sarebbe indispensabile optare per il martirio. Perché siamo così coraggiosi per difendere i nostri interessi personali e così codardi in relazione a quelli di Dio? “Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6, 21). Questa è la principale ragione del mutismo di spirito, ossia, la mancanza dell’amore a Dio. “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro” (Mt 6, 24). Se il nostro amore a Gesù, per mezzo di Maria, sarà pienissimo al punto da sostituire il nostro egoismo, non saremo mai muti per glorificarLo.


“Lo prese in disparte, lontano dalla folla”: il raccoglimento


33a Lo prese in disparte, lontano dalla folla…


Certe infermità, soprattutto le più gravi, esigono un trattamento ospedaliero. In maniera analoga succede col processo di guarigione dei portatori di alcuni vizi spirituali, ossia, è necessario allontanarli dalla moltitudine, toglierli dal trambusto e dall’agitazione. Il raffreddamento della nostra vita di preghiera e l’abbandono della pratica della Religione danno libero sfogo alle nostre passioni disordinate, le cattive abitudini invadono la nostra intelligenza e la nostra volontà, la Legge di Dio finisce per diventare sempre più pesante, infine, finiamo per essere sordi a Dio e muti per la sua gloria. Sarà utile, forse persino indispensabile in queste circostanze, prendere le distanze, raccogliersi in un certo modo, per consegnarsi nelle mani di Gesù ed essere da Lui miracolati.



Gesù che guarisce il sordo

Il ruolo dei simboli e delle cerimonie


33b …gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “Effatà” cioè: “Apriti!” 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.


Ci insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Nella vita umana, segni e simboli occupano un posto importante. In quanto essere corporale e spirituale insieme, l’uomo esprime e percepisce le realtà spirituali attraverso segni e simboli materiali. In quanto essere sociale, l’uomo ha bisogno di segni e di simboli per comunicare con gli altri, per mezzo del linguaggio, di gesti, di azioni. La stessa cosa avviene nella sua relazione con Dio”.2


Gesù ha posto le sue divine dita nelle orecchie del sordo per rafforzare la fede dell’infermo e render chiaro quanto Egli fosse l’Autore della guarigione, come se gli dicesse: “In questi tuoi due organi uditivi si trova il tuo male. Io ti guarirò!”.


Usa la sua saliva divina per toccare la lingua del muto, facendolo partecipare alla sua stessa salute e ordinamento fisico. E con l’imperio del Creatore, pronuncia la parola efficace: “Apriti!”.


Procedendo così, Nostro Signore ci dimostra quanto ama i simboli, poiché avrebbe potuto realizzare questo miracolo con una semplice determinazione della sua volontà, senza nessun segno esteriore. Qui comprendiamo bene la solidità e penetrazione dell’insegnamento accompagnato dalle cerimonie e quanto non sia saggio semplificarle e ancora meno eliminarle.


La perfezione risveglia l’ammirazione


36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più Egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”


Egli fece mantenere il silenzio riguardo la meraviglia da Lui operata, poiché Si spostava in maniera discreta, non desiderando richiamare l’attenzione di nessuno. Invece, si verificò esattamente il contrario. Gesù diventò oggetto di ammirazione per il fatto di manifestare la perfezione in tutto quello che faceva. Ecco una grande lezione per i giorni di oggi. Qui è la formula infallibile per gli uomini che delirano in cerca di ammirazione: fare bene tutte le cose.


III – Applicazione


I grandi predicatori di un tempo, commentando questo passo del Vangelo, con frequenza stabilivano una connessione tra le infermità fisiche e spirituali, invitando i fedeli alla conversione, in modo veemente. Al mondo odierno ben si potrebbe applicare una metafora: “Sordi per ascoltare la verità e muti per glorificare Dio”. Una grande maggioranza di persone ha, attualmente, le orecchie aperte e sensibili a quasi tutto ciò che non sia di Dio: immoralità, blasfemie, ateismo, scandali, ecc.; e molte volte chiusi o induriti agli avvisi, esempi e consigli diretti alla santità. E cosa pensare dell’uso della lingua in questo inizio di millennio? Molto spesso consiste nel proferire peccati, iniquità, bestemmie, diffamazioni, calunnie, bugie, ecc., quando in realtà riceviamo da Dio il dono della parola per proclamare la sua grandezza, onore e gloria!


L’umanità si trova a essere più sorda e più muta di tutti gli storpi di parola e udito esistenti ai tempi della vita pubblica di Nostro Signore. Quanto necessaria è l’intercessione di Maria per ottenere da Gesù il ritorno dell’udito e dell’espressività degli aurei tempi della Storia, nei quali gli uomini cantavano la gloria di Dio non solo con le parole, gesti e atteggiamenti, ma anche attraverso le melodie e tutte le arti!


Madonna della Misericordia

1) GIOVANNI PAOLO II. Discorso ai partecipanti al Congresso

Mondiale dei Movimenti Ecclesiali, del 27/5/1998.


2) CCE 1146.


Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.

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