Vangelo
1 Un giorno Gesù Si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli Gli disse: “Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”. 2 Ed Egli disse loro: “Quando pregate, dite: ‘Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno; 3 dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano; 4 e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione’”. 5 Poi aggiunse: “Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: ‘Amico, prestami tre pani, 6 perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti’;7 e se quegli dall’interno gli risponde: ‘Non m’importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli’. 8 Vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. 9 Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10 Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. 11 Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? 12 O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13 Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono” (Lc 11, 1-13).
Il potere della preghiera perseverante!
Con insuperabile bellezza letteraria, questa domenica, Gesù non solo ci insegna a pregare bene, ma ci indica anche i mezzi per rendere infallibile la nostra preghiera, incentivandoci a una fiducia illimitata nelle sue divine parole.
I — La preghiera di Gesù
Gesù prega il Padre come uomo
Un grande mistero e divino esempio erano le preghiere di Gesù al Padre. Come spiegare l’atteggiamento dell’Uomo- Dio che prega il Padre per tante intenzioni, se Egli stesso è onnipotente e, soprattutto, essendo Essi uguali tra Loro? Non sembra un po’contraddittorio che Dio chieda a Dio un aiuto per Se stesso? Non sarebbe più adeguato che Egli direttamente rendesse effettivi i suoi desideri, invece di pregare?
Questi dubbi e molti altri si scioglieranno se meditiamo su un commento fatto dal Santo Patriarca Esichio di Gerusalemme.1 Questo autore ci dice che, da tutta l’eternità, il Figlio desiderava potersi rivolgere al Padre in quanto inferiore, ma Gli era impossibile realizzarlo, poiché, come ci spiega la Teologia sulla base della Rivelazione, le Persone della Santissima Trinità sono uguali tra Loro. A sua volta, anche il Padre desiderava donare qualcosa al Figlio, ma attraverso quale mezzo, se Essi sono identici?
Maria ha risolto questa questione con il suo fiat, permettendo al Figlio di farSi Uomo. Era da dentro la sua natura umana che Gesù elevava la sua mente a Dio ed esprimeva i desideri del suo Sacro Cuore, pregando affinché essi fossero concretizzati. Ossia, Gesù non ha mai pregato in quanto Dio – e non avrebbe avuto senso, del resto, che Egli procedesse così – ma lo ha fatto sempre come uomo, poiché sapeva che certe grazie non si sarebbero mai ottenute se non per mezzo delle sue preghiere, per questo “Egli si ritirava in luoghi solitari a pregare” (Lc 5, 16).
Esempio insuperabile di preghiera
Gesù è stato per noi un esempio insuperabile della realizzazione del suo stesso consiglio: “Oportet semper orare et non deficere – È necessario pregare sempre, senza stancarsi” (Lc 18, 1). È necessario pregare come si respira, e pertanto, in nessun momento perdere il fiato o l’animo. La preghiera unita a quella di Gesù e fatta con la sua intercessione, è infallibile: “In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà” (Gv 16, 23).
Se così è, può la nostra preghiera esser realizzata sempre in maniera incondizionata? No, i beni temporali, a seconda della loro utilità per la nostra salvezza, devono esser richiesti secondo la volontà di Dio. Nostro Signore anche a questo riguardo ci ha dato l’esempio, pregando: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu” (Mt 26, 39). Egli aveva diverse volte annunciato la propria morte e persino la forma di supplizio per il quale sarebbe passato, e chiaramente sapeva anche che la sua richiesta non sarebbe stata esaudita. Tuttavia, con anticipazione, Egli ha voluto chiarirci quanto è legittimo esprimere il nostro dolore, manifestando il desiderio che esso termini, ma sempre in conformità con la volontà di Dio.
La preghiera infallibile di Gesù sacerdote
Esisteranno preghiere che devono essere incondizionate?
Sì, le grazie chiaramente necessarie per la nostra salvezza non possono esser chieste in maniera condizionata. Anche per questa forma di preghiera, ci ha dato l’esempio Nostro Signore. Qui sì, le sue preghiere proferite in maniera assoluta, non hanno mai cessato di esser esaudite, come ci spiega San Tommaso d’Aquino.2 Per esempio, pregando per Pietro: “Ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22, 32). È con i frutti di questa preghiera di Gesù che Pietro ha perseverato, si è santificato ed è arrivato al suo bellissimo martirio. Certamente sarà per questa stessa causa che il Successore di Pietro conferma nella fede tutti i fedeli.
Prima di resuscitare Lazzaro, “alzando gli occhi al Cielo, disse: Padre, ti ringrazio per avermi ascoltato. Lo sapevo che sempre mi dai ascolto…” (Gv 11, 41-42). Ecco una piccola dimostrazione dell’infallibile potere della preghiera di Gesù. E rallegriamoci perché a questo proposito San Tommaso d’Aquino ci insegna quanto segue: “Derivando la preghiera per gli altri dalla carità, quanto più perfetta è la carità dei Santi che sono in Paradiso, tanto più essi pregano per noi, per aiutarci in questo viaggio; e quanto più sono uniti a Dio, tanto più è efficace la loro preghiera… Per questo si dice di Cristo: colui che è risorto… intercede per noi”.3 Gesù è eternamente Sacerdote, e la principale funzione del ministero sacerdotale è quella di intercedere presso Dio per il popolo a lui affidato; e così come, nel Cielo, i Santi, gli Angeli e la stessa Santissima Vergine chiedono a Dio l’applicazione dei meriti della Passione di Gesù alle anime, allo stesso modo Egli continua anche a pregare per noi. Gesù in corpo e anima salva “perpetuamente quelli che per mezzo di Lui si accostano a Dio” (Eb 7, 25). Che grande speranza e conforto per noi!
Questa introduzione ci aiuterà a seguire meglio il Vangelo di oggi.
II — Il padre nostro
1 Un giorno Gesù Si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli Gli disse: “Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”.
Come afferma San Cirillo,4 Gesù dimostra quanto Gli è propria la preghiera e con questo ci insegna come non dobbiamo esercitarla con pigrizia, ma con ogni pietà e attenzione. Tra i discepoli di Gesù, ce n’erano alcuni che lo erano stati anche di Giovanni. Con questa narrazione di San Luca, si comprende il grande valore attribuito da loro alle azioni del Maestro, rafforzato dal comportamento del suo Precursore a questo riguardo. Fondamentale è il ruolo dell’esempio. Dall’ammirazione verso l’uno e l’altro è nato nell’anima dei discepoli il desiderio di pregare bene. Quanto grande è la responsabilità di coloro che insegnano! Più efficace diventa la parola uscita dalle labbra di chi è modello vivo della sua stessa didattica, poiché non basta saper spiegare, soprattutto è necessario essere.
2 Ed Egli disse loro: “Quando pregate, dite: ‘Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno…’”
San Matteo ci trasmette una forma più estesa per questa preghiera domenicale (cfr. Mt 6, 9-13), creando per alcuni autori un problema di criterio: sarebbero due maniere differenti di pregarla o una sola? Per alcuni, l’originale è quella di Luca e, in questo caso, Matteo l’avrebbe ampliata. Per altri, sarebbe accaduto l’inverso, ossia, Luca ritenne miglior cosa sintetizzarla. Si analizzi come si vuole, è comprensibile che, dovuto al suo carattere pedagogico, è molto probabile che Gesù l’abbia ripetuta varie volte, soprattutto nell’intento di lasciarci un modello perfetto di preghiera.
Sebbene non ci sia il minimo inconveniente ad utilizzare lunghe preghiere, Gesù ha voluto concederci una formula breve e universale, contenente fin dall’inizio una lode a Dio che a Lui avvicina chi prega, per facilitare l’accoglienza delle suppliche da fare. Dall’introduzione della Preghiera Domenicale ci è facile capire quanto Dio sia anche sensibile a una “diplomazia” religiosa. Desiderare la santificazione del nome di Dio, non è altro che volere che tutti gli uomini Lo conoscano, adorino e servano alla perfezione. E si tratta qui di un nome sopra tutti i nomi: “Padre”.
È da notare la differenza di significato di questa parola Padre, tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Fino ad allora, il riferimento alla paternità di Dio era in qualche modo metaforico, considerandoLo come il Creatore e al fine di sottolineare la sua provvidenza sul popolo giudeo. A partire dall’Incarnazione, questo termine si è rivestito di una realtà profondissima, sia per la natura umana di Gesù, sia per quella divina, sia anche per quel che riguarda noi, battezzati, poiché, come afferma San Giovanni, siamo figli di Dio, “e realmente lo siamo” (I Gv 3, 1). Per questo Nostro Signore userebbe in l’espressione “mio Padre” per quanto riguarda la vera paternità di Dio e, in questa preghiera, solamente “Padre” nella versione di San Luca, o “Padre nostro”, secondo S. Matteo, per la filiazione divina di tutti i battezzati. Gesù stesso ci ha ammoniti: “E non chiamate nessuno ‘padre’ sulla Terra, perché uno solo è il Padre vostro, Quello del Cielo” (Mt 23, 9).
Ora, il Battesimo non solo imprime nelle nostre anime il carattere di cristiano e ci fa reali figli di Dio con la grazia, ma anche ci introduce nel Regno di Dio, la cui piena partecipazione di corpo e anima gloriosi avverrà dopo il Giudizio Finale: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo” (Mt 25, 34). Così, quello che era metafora nell’Antico Testamento è diventato realtà con la Redenzione.
3 “‘…dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano…’”
Molti autori del passato, in particolare i Padri della Chiesa, consideravano che questa fosse una supplica relativa all’Eucaristia; oggi, però, senza negare quest’interpretazione, si ammette che essa sia più particolarmente diretta ad ottenere l’alimento materiale.
4 “‘…e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione’”.
Commentando questo versetto, San Giovanni Crisostomo ci pone di fronte a una situazione innegabile: “Conoscendo noi questo, dobbiamo render grazie ai nostri debitori, perché sono per noi (se sappiamo conoscerlo bene) la causa del nostro maggior perdono, e dando poco, otteniamo molto; perché noi abbiamo molti e grandi debiti verso Dio, e saremmo perduti se Lui ci chiedesse una piccola parte di loro”.5
Sulle tentazioni, così riflette Origene: “Dio non vuole imporre il bene, Egli vuole esseri liberi… Per qualcosa la tentazione serve. Tutti, ad eccezione di Dio, ignorano quello che la nostra anima ha ricevuto da Dio, persino noi stessi, ma la tentazione lo manifesta, per insegnarci a conoscerci e, con questo, scoprirci nella miseria e obbligarci a render grazie per i beni che la tentazione ci ha manifestato”.6
III — l’amico inopportuno
Retrocediamo di duemila anni di Storia e analizziamo da vicino una carovana che avanza nel deserto, su asini o cammelli, in pieno giorno assolato di una torrida estate. Polvere, sete, caldo e fatica sono i compagni ad ogni passo, rendendo molto penosi i trasferimenti. Questa era una delle ragioni per le quali gli orientali molte volte preferivano gli spostamenti notturni, invertendo il periodo del sonno.
Al contrario, l’inverno offre condizioni più gradevoli per viaggi diurni: il sole riscalda piacevolmente, la fatica fisica è minore e la necessità d’acqua non così frequente. La parabola di oggi si verifica in una notte d’estate.
In quei tempi i costumi erano molto più semplificati in rapporto a quelli attuali e, senza preavviso, un amico poteva presentarsi alla porta a qualsiasi ora del giorno o della notte. Nel caso la visita avvenisse durante l’orario del sonno, bastava stendere una stuoia in un angolo della sala, e l’ospite sarebbe stato molto contento. Se la sua fame fosse stata considerevole, soprattutto nel caso non avesse cenato, alcuni pani con olio di oliva e spezie, erano sufficienti per accontentarlo e soddisfare il suo appetito.
Le case non erano grandi e neppure dotate di molte comodità. In genere, tutta la famiglia per la notte si sdraiava nella stessa sala delle visite, la cui porta dava accesso diretto alla strada. Non dobbiamo immaginare una sequenza di letti, quanto stuoie o tappeti stesi al suolo, con trapunte leggere. Pertanto dei colpi alla porta, per quanto leggeri, svegliavano facilmente i vicini di letto. È in questa cornice che assistiamo alla scena narrata dal Salvatore.
5 Poi aggiunse: “Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: ‘Amico, prestami tre pani, 6 perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti…’”
Gesù si affida sempre a fatti comuni e frequenti della vita quotidiana per far intendere ai suoi ascoltatori le profonde verità della Fede. Pertanto, il caso contenuto in questi versetti 5 a 8 probabilmente era già capitato a vari astanti.
A causa della completa organicità del modo di essere di quella civiltà, le persone cercavano di approfittare della luce del giorno per le loro occupazioni e, quanto al riposo, utilizzavano per dormire le ore che andavano dal tramonto al sorgere del sole. Circa alle nove di sera, il silenzio penetrava in tutte le case, arrivando al culmine nel periodo dalla mezzanotte alle tre del mattino. L’“amico” di questa parabola arriva proprio nell’ora più importuna: è molto tardi per andare a dormire e terribilmente presto per svegliarsi, ma l’inconveniente maggiore di questo avvenimento sta nel fatto che non era rimasto pane nella dispensa dell’anfitrione e ad un’ora simile non era più possibile ammazzare un animale per metterlo sul fuoco… L’unica alternativa era ricorrere alle provviste del vicino.
Il villaggio intero si trova immerso in un sonno profondo ma, subito ai primi colpi, il padrone di casa si sveglia e, senza muoversi dalla sua stuoia, ascolta la domanda. Si tratta di dare tre pani a chi è alla porta. Sul perché siano tre, gli autori tessono varie ipotesi, cercando di attribuire sensi simbolici a questo numero. In realtà, secondo i costumi dell’epoca, i pani hanno una grandezza tale che tre costituiscono un pasto normale per un adulto.
“…e se quegli dall’interno gli risponde: ‘Non m’importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli’”.
La situazione descritta è imbarazzante. Non si sa per chi si debba provare più pena, se per l’ospite o per il padrone di casa. Riportandoci ai costumi di allora, non c’è dubbio che quest’ultimo fosse in una posizione di disagio maggiore, poiché tutti i suoi si trovavano disposti nei rispettivi letti e, per arrivare alla dispensa, al buio, egli avrebbe dovuto svegliare ognuno di loro o rischiava di calpestare qualcuno… Pertanto, era consigliabile che si alzassero tutti per eseguire tale operazione. Ora, con un tal dialogo a voce alta, non doveva esserci nessuno che continuasse a dormire in quei momenti. Mancava, ai vicini già svegli, solamente buona volontà. Si trattava, da parte loro, di un altro caso tipico di miscela di pigrizia ed egoismo, questa sì, caratteristica di tutte le epoche. Ma risulta chiarissimo dalla parabola che, malgrado la sua riluttanza, il padrone di casa alla fine si sia alzato, a seguito dell’importuna insistenza del suo vicino, disposto a consegnargli tutto il pane che voleva.
8 “Vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza”.
Gesù ci vuol convincere dell’importanza della perseveranza nella preghiera. Inoltre, ci insegna a non aver timidezza o scrupoli nelle nostre richieste a Dio. Evidentemente, nei rapporti umani, le regole di etichetta e buona educazione devono essere osservate sempre. Però, non si può avere la minima ritrosia entrando in conversazione con Dio. In questo caso le norme di buona educazione sono controproducenti, poiché Egli vuole audacia da parte nostra, Egli desidera esser importunato da noi e farà per noi moltissimo, più di quanto il padrone di casa ha fatto per il suo vicino.
Infatti, Dio non si stanca mai e non può mai essere disturbato, non dorme e non fa sforzi per svegliarsi, sta con le porte sempre aperte per risponderci, pronto ad ascoltarci ventiquattro ore al giorno. Non si irrita mai e, al contrario, si rallegra per la nostra insistenza. Quando la nostra ostinazione raggiunge il grado massimo di insistenza, lì avremo trionfato nella nostra preghiera.
9 “Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10 Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto”.
Le metafore contenute in questi versetti confermano la nostra fede nel grande e infallibile potere della preghiera. Sono il riassunto di una legge soprannaturale, sintesi dell’infinita misericordia del Sacro Cuore di Gesù, e infondono nelle nostre anime la sicurezza fatta di luce, serenità e pace.
11 “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? 12 O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13 Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”.
Se i genitori in questa Terra di esilio, imperfetti come sono, non desiderano mai il male per i loro rispettivi figli e cercano sempre di dar loro ciò che è buono e il meglio, tanto più questo vale per Dio, il Bene sostanziale, nel rapporto con chi ha creato.
IV — Conclusione
La Liturgia di oggi condensa in pochi versetti un vero trattato della preghiera. Dobbiamo pregare sempre. Se Dio ci esaudisce immediatamente, con gioia sappiamo ringraziarLo. Approfittiamo della sua infinita paternità e se ci sottopone alla prova dell’attesa, non scoraggiamoci mai, perché il viaggiatore ha ottenuto senza indugi e difficoltà l’alimento e l’ospitalità di cui necessitava, grazie all’amicizia del suo ospite; mentre quest’ultimo, con la sua perseverante insistenza, ha ottenuto i pani indispensabili per esaudire il suo ospite.
In ogni caso, sia l’uno che l’altro sarebbero stati meglio serviti se avessero potuto ricorrere a Maria, Madre di Misericordia, Mediatrice di tutte le grazie.
1) Cfr. JOURDAIN, Zéphyr-Clément. Somme des grandeurs de Marie.
Paris: Walzer, 1900, t.I, p.56-57.
2) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. III, q.21, a.4.
3) Idem, II-II, q.83, a.11.
4) SAN CIRILLO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea.
In Lucam, c.XI, v.1-4.
5) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO, Catena
Aurea, op. cit.
6) ORIGENE. De Oratione, XXIX, n.15.17: MG 11, 541.
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