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V Domenica del Tempo Ordinario – Anno C.


Pesca Miracolosa

Vangelo

In quel tempo, 1 Gesù stava sulle rive del Lago di Genesarét, e la folla Gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio. 2 Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3 Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. 4 Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”. 5 Simone rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. 6 E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. 7 Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. 8 Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore!” 9 Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto. 10 Così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. 11 Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono (Lc 5, 1-11).


Come corrispondere a una chiamata grandiosa?


Il contrasto tra la grandezza della chiamata cristiana e i limiti umani fa sì che molti si giudichino incapaci di compiere la propria vocazione. La pedagogia divina ci trasmette un insegnamento differente.


I – Dio ci protegge e ci insegna


Innegabile è la forza espressiva del regno animale per l’uomo, soprattutto quando offre alla sua analisi circostanze che ricordano situazioni e piccoli fatti della vita umana. Tale fascino della fauna, così abituale nelle campagne, risveglia una particolare attenzione quando mette in evidenza uno dei suoi più ricchi e incisivi attributi: l’istinto materno. Esso si manifesta non solo nello zelo per il nutrimento e la protezione del figlioletto, ma anche nella cura a prepararlo per permettergli di sopravvivere nelle vicissitudini dell’esistenza.


Non c’è chi, percorrendo una sterrata di campagna, non abbia visto questa caratteristica scena: una gallina che attraversa la strada, seguita da uno dei suoi pulcini. Mentre il piccolo tenta, con non poco sforzo, di seguire la madre – poiché la sproporzione fra i due lo obbliga a far vari passi per percorrere la distanza che la gallina supera con uno solo –, essa sembra ignorare le difficoltà del figlioletto, in virtù della velocità del suo passo. Ma, in verità, sta così attenta al piccolo che, se percepisce qualche segnale di minaccia, la sua reazione per difenderlo è immediata ed energica, mostrandosi disposta a dare la propria vita, se fosse necessario, per proteggerlo dal pericolo.


Ora, l’istinto materno – molto più profondo nel genere umano – è un tenue riflesso della sollecitudine di Colui che, oltre che Creatore, ha voluto rendere più stretto il suo rapporto con l’uomo, elevandolo alla condizione di figlio, rendendolo partecipe della sua propria vita divina con la grazia, come esclama San Giovanni: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!” (I Gv 3, 1).


Come vero Padre, l’Altissimo non cessa di proteggere, soccorrere e attrarre a Sé tutte le creature umane, vegliando continuamente su di loro. E, superando infinitamente le cure impiegate dalla madre nel predisporre i figli ad affrontare bene la vita, il Divino Didatta conduce gli uomini – per mezzo di processi tanto diversi quanto lo sono le anime – alla realizzazione della vocazione specifica che la sua Sapienza concede ad ognuno.

Passiamo, ora, a considerare il Vangelo della 5ª Domenica del Tempo Ordinario, a partire da questa prospettiva.


II – La pesca miracolosa


L’ incontro di Nostro Signore con i primi discepoli, raccontato da San Giovanni (cfr. Gv 1, 35-42), è un presupposto importante per comprendere il passo del Vangelo presentato dalla Liturgia. Al contrario delle scuole rabbiniche e greche dell’epoca, nelle quali gli uomini entravano mossi da una scelta personale, Gesù stesso, con autorità divina, ha eletto i suoi seguaci, come Egli stesso ha affermato: “Non voi avete scelto Me, ma Io ho scelto voi” (Gv 15, 16). SeguendoLo durante il ministero preliminare, questo piccolo gruppo riceveva gli insegnamenti di Cristo e assisteva ai suoi miracoli, a cominciare da quello delle nozze di Cana, quando “manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui” (Gv 2, 11).


Tuttavia, i primi seguaci del Messia non furono costituiti apostoli fin dall’inizio. Tale incarico li avrebbe portati a stringere vincoli di unione con il Maestro, facendoli partecipare al suo stesso potere, oltre ad esigere la dedizione integrale alla vocazione, così come l’abbandono dei loro cari e delle occupazioni estranee al servizio missionario. Prima di ricevere questa chiamata – alla quale Gesù li preparava in maniera graduale, con sublime pedagogia –, conciliavano il tempo tra il discepolato e le attività professionali, necessarie alla sussistenza propria e delle rispettive famiglie. Per Simone, Andrea e i due figli di Zebedèo – Giacomo e Giovanni –, tutti pescatori, questo significava lunghe giornate, molto frequentemente anche di notte, nelle pescose acque del lago di Genesarét.


È precisamente dopo una di queste notti che si verifica il fatto descritto nel passo di San Luca oggi contemplato.


Predicazione sulle sponde del lago di Genesarét


In quel tempo, 1 Gesù stava sulle rive del Lago di Genesarét, e la folla Gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio.


Il peculiare quadro geografico nel quale si situa il Lago di Genesarét permette di considerarlo come un autentico gioiello della natura. Mentre montagne sobrie e dal contorno regolare lo circondano ad est, picchi dal profilo tortuoso e diseguale formano una graziosa cordigliera a ovest. Completando la ricchezza del panorama, verso settentrione si scorge il Monte Hermon, con la sua cima coperta di neve durante buona parte dell’anno. Tuttavia, nonostante una tale bellezza naturale, pochi sono i riferimenti al lago nell’Antico Testamento,1 poiché esso è diventato celebre solo dopo esser stato teatro dei numerosi passaggi della vita del Redentore, descritti nei Vangeli. Il primo di questi, in ordine cronologico, è questo riferito da San Luca.


Dopo aver narrato diversi miracoli e predicazioni di Gesù, in Galilea, all’inizio della sua vita pubblica, l’Evangelista registra il suo ritiro in un luogo appartato; tuttavia le moltitudini “Lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro” (Lc 4, 42). Più che per i prodigi e insegnamenti, il popolo Lo seguiva a causa della straordinaria capacità di attrazione esercitata da Lui. Il desiderio di vederLo, ascoltarLo e star vicini a Lui faceva sì che l’assembramento dei seguaci, riunito ora sulle sponde del lago, si comprimesse attorno a Nostro Signore, creando una situazione poco propizia alla predicazione.


2 Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti.


In quell’epoca il Lago di Genesarét era un centro di un’intensa attività ittica, costituendo la principale fonte di sussistenza della popolazione locale. Siccome l’esercizio della professione esigeva sempre un’azione in collaborazione, i pescatori si riunivano in piccole équipe, essendo comune che due o più di queste corporazioni si associassero. Ognuno con la sua barca e sotto la direzione di un barcaiolo, i gruppi di consoci univano gli sforzi nel lavoro di ogni giornata e ripartivano il prodotto finale ottenuto.


Nell’episodio qui raccontato, le due imbarcazioni – una di Simone e l’altra di Zebedèo – erano rientrate dopo una notte di vani tentativi. Allo stato di disappunto generale dei pescatori si sommavano i disagi di altri fattori umani, come la stanchezza di una notte passata in bianco e la necessità di lavare le reti, lavoro indispensabile dopo la pesca, fosse questa fruttuosa o meno.


Secondo l’accurata pedagogia del Maestro, era così che, sentendosi esausti e falliti, i pescatori si trovavano nelle condizioni ideali per ricevere la missione a loro riservata.


La barca, simbolo della Chiesa


Barca della Santa Chiesa


3 Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.


Come tutti gli atti di Nostro Signore, la scelta della barca ha un significato profondo. I commenti a questo riguardo sono unanimi: con tale gesto, Cristo ha voluto indicare la preminente posizione di Simone nel Collegio Apostolico che in breve si sarebbe costituito, simbolizzando la barca la Chiesa, allora nascente. “A partire dalla Chiesa, Gesù, personalmente o attraverso Pietro, suo Vicario, istruisce il mondo. ‘Dove è Pietro, lì c’è la Chiesa’. Questo ci dà la misura dell’adesione che dobbiamo professare alla Sede di Pietro”,2 spiega il Cardinale Gomá y Tomás.


Inoltre, un piccolo dettaglio suscita la nostra attenzione: sarà Gesù salito sulla barca mentre questa era sulla sabbia – senza bagnarsi i piedi – o avrà dovuto fare alcuni passi nell’acqua, fino ad arrivare all’imbarcazione? Tanto nell’una quanto nell’altra ipotesi la sabbia fu beneficiata dal fatto di essere stata calpestata dallo steso Dio fatto Uomo. Sarà accaduto lo stesso con l’acqua? È una delle molte curiosità provocate dalle succinte narrazioni evangeliche…


Approfittando del naturale declivio della spiaggia, dove gli astanti si erano ammassati, il Maestro chiese a Simone che si distanziasse un po’ dalla riva, a formare un originale anfiteatro. Mirabile era la poesia della scena: mentre l’imbarcazione dondolava lentamente sulle acque cullata dalle onde, il Creatore del Cielo e della Terra, Dio Incarnato, indottrinava la moltitudine!


“Prendi il largo!”


4 Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”.


Con quest’ordine di “prendere il largo”, il Redentore indicava l’audacia che avrebbe dovuto caratterizzare le mete di quei pescatori da lì in poi, predisponendoli a un’azione più ampia di quei limitati orizzonti lacustri nei quali lavoravano: il piano divino della salvezza degli uomini. In altre parole, Nostro Signore chiedeva cuori generosi.


Ora, Simone era un pescatore veterano, e la pratica gli diceva che non c’era la minima possibilità di pescare qualcosa la mattina seguente a una notte di lavoro infruttifero. Di conseguenza, aveva ragioni valide e scuse sufficienti per non ubbidire all’ordine di Gesù, e avrebbe potuto argomentare a favore di una risposta negativa, avvalendosi delle sue conoscenze in materia e adducendo che era sconveniente – o addirittura inutile – gettare le reti. Invece, egli agì in modo differente.


5 Simone rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”.


Lungi dall’essere una manifestazione di mancanza di fede, la spiegazione data da Simone – con un tono di voce che possiamo congetturare pieno di deferenza – ratifica la sua fiducia nella parola del Maestro. Agendo in modo coerente, pratica un atto di perfetta obbedienza, poiché, essendo uno di esperienza, sospende il proprio giudizio e compie immediatamente l’ordine ricevuto. Tale fde e docilità alla determinazione divina, attributi imprescindibili di un genuino apostolo, erano la risposta attesa da Gesù per realizzare il miracolo.


Pesca prodigiosa


6 E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. 7 Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.



Pesca miracolosa

Come risultato finale della pesca, “si ottenne una tale quantità di pesce quanto volle il Signore del mare e della terra”,3 afferma San Gregorio Niceno. Oltre a rappresentare la messe abbondante – per la quale, già preveniva i futuri apostoli, erano pochi gli operai… –, Cristo mostrava loro anche l’importanza dell’armonia e del reciproco ausilio tra di loro. Senza la collaborazione dei compagni della seconda barca, sarebbe stato impossibile ritirare dalle acque quei pesci, così come per l’evangelizzazione del mondo sarebbe stata necessaria l’unione delle forze degli apostoli, al fine di condurre sul cammino della salvezza ciascuna delle anime che la Provvidenza avrebbe loro affidato.


L’abbondanza di pesci porta ancora un altro segno di questa insuperabile didattica utilizzata da Gesù: esperti nell’arte della pesca, i discepoli giunsero subito alla conclusione che l’accaduto non era naturalmente esplicabile. Il Maestro aveva già realizzato un miracolo su una creatura inanimata, trasformando l’acqua in vino nelle Nozze di Cana, ed ora, dimostrando per la prima volta il suo potere sulla natura animale, li portava a comprendere che dominava in modo assoluto tutti gli esseri. In questa maniera, prima di convocare quei discepoli a seguirLo senza riserve, Gesù ha voluto manifestare il suo potere sulla creazione attraverso questa prodiga pesca, per convincerli che Egli avrebbe sempre provveduto a qualsiasi loro necessità temporale nella vita missionaria, facilitando loro la rinuncia alle preoccupazioni terrene.


Ciò nonostante, il più importante obbiettivo di Gesù era far comprendere a Simone – e, con lui, agli altri discepoli – “che se durante la notte intera non aveva preso nulla, era inutile tutto il suo sforzo senza Cristo, come lo sono tutti i nostri atti umani senza la grazia divina”,4 spiega Maldonado. Il Salvatore voleva mettere in chiaro quanto la missione di salvare le anime sarebbe stata continuamente una pesca miracolosa, nella quale l’apostolo figura come mero strumento. La sua abilità e il suo zelo saranno frustrati se non saranno mossi dalla voce di Colui che disse di Se stesso: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5).


L’umiltà, condizione per corrispondere alla chiamata


8 Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore!” 9 Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto. 10a Così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. 


Sebbene Pietro avesse già presenziato ad altri miracoli – compresa la guarigione di sua suocera (cfr. Lc 4, 38-39) –, rimase effettivamente impressionato di fronte all’accaduto. Questo è un altro aspetto della pedagogia usata dal Redentore: adattare la chiamata al modo di essere e alle attitudini di ogni persona. “Era il miracolo che mancava per convincere un pescatore, come era Simon Pietro”,5 commenta padre Cantalamessa. Per questa stessa ragione San Luca nomina Giacomo e Giovanni, tra gli altri pescatori, per indicare come l’accaduto gli avesse toccato profondamente l’anima, poiché, sebbene fossero stati testimoni in altre occasioni di diversi prodigi del Maestro, “anch’essi rimasero sbalorditi”.


Poco prima di ritornare in Galilea, Gesù aveva agito similmente presso il pozzo di Giacobbe, offrendo alla samaritana un’acqua che l’avrebbe dissetata per sempre (cfr. Gv 4, 1-42). La questione risvegliò subito l’attenzione della donna: “Signore, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua!” (Gv 4, 15) e, aprendo l’anima all’azione della grazia, dopo questo incontro divenne propagatrice di Nostro Signore tra i suoi concittadini, portando molti samaritani a credere in Lui.


Nel caso di Pietro, solo in questo momento egli comprese a fondo l’infinita differenza che lo separava da Cristo, la cui grandezza quella pesca fuori dal comune evidenziava in modo particolare ai suoi occhi di pescatore. Gli venne, allora, l’immediato riconoscimento della propria insufficienza e, sentendosi analizzato dallo sguardo di Gesù, capì in che misura Egli conoscesse per intero il fondo della sua anima, come anche le sue colpe. Compenetrato in questa condizione di peccatore, si prostrò davanti all’Uomo-Dio e chiese che da lui si allontanasse. Non considerava che tale manifestazione di umiltà era l’ultimo antecedente della missione che lo avrebbe approssimato al Salvatore in modo definitivo.


Pescatore di uomini


10b Gesù disse a Simone: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”.


Predicazione di San Pietro

Relazionando il miracolo con la chiamata, per la prima volta, il Maestro tranquillizzò Pietro, “come se dicesse: Non ti stupire, ma gioisci e credi che sei designato dalla mia Provvidenza a una pesca superiore. Un’altra barca e altre reti ti saranno date, perché finora pescavi pesci con le tue reti, ma d’ora in poi, e fra breve, pescherai uomini attraverso le tue parole, conducendoli con la sana dottrina nel cammino della salvezza”.6


È opportuno notare che, associando il concetto di pesca all’apostolato, Gesù lasciava anche intravvedere a Pietro e ai suoi compagni come “questo penoso ufficio era stato un’eccellente scuola di preparazione ad essere degni discepoli del Messia. In esso avevano appreso la pazienza e l’animoso lavorare”,7 osserva Fillion. Infatti, come per ottenere pesci non temevano i pericoli della notte e gli altri contrattempi della professione, allo stesso modo audaci avrebbero dovuto essere come missionari, affrontando con audacia i più grandi rischi nell’evangelizzazione. Inoltre, nella pesca apostolica, le cui reti “impediscono di perire a quelli che sono stati raccolti, ma li conservano e li portano dagli abissi alla luce”,8 non si sarebbero mai dovuti scoraggiare, anche dopo essersi impegnati molto senza nulla ottenere, sapendo aspettare il momento propizio per l’azione della grazia nelle anime, la quale non dipende dagli sforzi dell’apostolo, ma, piuttosto, dalla volontà di Dio.


Importante è sottolineare che Nostro Signore non ha confermato né negato la condizione di pescatore di Pietro, con lo scopo di mostrargli che Dio non concede mai una vocazione in funzione delle virtù o difetti degli uomini, noti a Lui da tutta l’eternità. Una chiamata è il risultato di un disegno della sua infinita misericordia. Gesù non si attiene alla considerazione delle debolezze di Pietro, poiché così come esse non hanno costituito impedimento per la sua scelta a Principe degli Apostoli, allo stesso modo non lo sarebbero state per la realizzazione di tale missione.


Il principale frutto della pesca


11 Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.


Gran parte dei commentatori riunisce in un solo episodio i racconti dei sinottici riguardo alla vocazione dei suddetti apostoli, considerando l’invito del Maestro, nella sintetica narrazione di San Matteo e di San Marco, come fatto subito dopo che i pescatori erano rientrati con le barche: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini” (Mt 4, 19; Mc 1, 17). I due primi evangelisti lo registrano in forma di mandato ufficiale, dato a Pietro e Andrea e, subito dopo, a Giacomo e Giovanni, il che, secondo San Luca, era stato preannunciato come missione di Pietro, in mezzo alle acque: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5, 10).


“Gesù, con la sua grazia, dà efficacia alla chiamata, la sua voce è udita senza indugio né replica. ‘Nello stesso istante’, producendo nelle loro anime un totale distacco da tutto – parenti, amici, relazioni, possedimenti –, ‘lasciando tutto’, e sentendo un’attrazione irresistibile per Gesù, ‘Lo seguirono’, senza preoccuparsi di dove andavano”,9 segnala Gomá y Tomás. La conquista dei futuri apostoli era stata il principale frutto della pesca miracolosa, confermando l’efficacia piena della didattica del Divino Pescatore.


III- Una chiamata per tutti i secoli


L’eco dell’incarico dato agli apostoli sulle rive del Lago di Genesarét si ripercuote lungo i secoli e arriva anche a noi, richiamandoci alla missione di lavorare per la gloria di Dio e della Chiesa, sia che siamo chierici, religiosi o laici. Come cattolici, dobbiamo cercare l’edificazione di una società conforme ai precetti evangelici e, per questo, ci tocca la responsabilità di attrarre le anime disperse nel mare agitato del mondo moderno e di condurle alla barca di Pietro.


Senza dubbio, non poche saranno le difficoltà nell’esercizio di una così elevata funzione, soprattutto quando ci imbattiamo sulle nostre proprie insufficienze e errori. Di fronte a questa sproporzione, avanzare e gettare le reti sembra qualcosa di impossibile. Cosa ci é necessario per corrispondere a una missione così superiore alle nostre capacità? È lo stesso Maestro che ci risponde, tramite la penna di San Paolo: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (II Cor 12, 9).


Pertanto, quanto più ci sentiamo incapaci di compiere la vocazione alla quale Dio ci chiama, maggiore deve essere la nostra fiducia nel potere della voce che ci convoca. È vedendo un’atteggiamento di umiltà piena di fede che Nostro Signore opera la pesca miracolosa, rendendo palese che i buoni risultati non dipendono dalle qualità né dagli sforzi umani. Egli confonde i forti di questo mondo e conduce i deboli alla realizzazione di opere grandiose (cfr. I Cor 1, 27).


Sull’esempio di Pietro, siamo generosi e fiduciosi, poiché anche nelle nostre vite Cristo è apparso ordinando: “Duc in altum! Io vi voglio come strumenti per rinnovare la faccia della Terra! Non abbiate paura, poiché Io stesso vi darò le forze per ottenere un risultato glorioso!”.


1) Nell’Antico Testamento, i riferimenti al Lago di Genesarét 
appaiono come “Mare di Ceneret” (cfr. Nm 34, 11; Gs 12, 3; 13, 27). 
Tra gli Evangelisti, solo San Luca registra “Lago di Genesarét”. 
San Matteo e San Marco lo chiamano “Mare della Galilea” 
(cfr. Mt 4, 18; 15, 29; Mc 1, 16; 7, 31). Più tardi, Erode 
gli diede il nome di “Lago di Tiberiade”, per lusingare 
l’Imperatore Tiberio, e così lo denomina San Giovanni nel 
suo Vangelo (cfr. Gv 6, 1; 21, 1).


2) GOMÁ Y TOMÁS, Isidro. El Evangelio explicado. Años primero y 
segundo de la vida pública de Jesús. Barcelona: Balmes, 1930, 
v.II, p.80.


3) SAN GREGORIO NICENO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. 
In Lucam, c.V, v.5-7; 8-11.


4) MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los Cuatro Evangelios. 
Comentarios a San Marcos y San Lucas. Madrid: BAC, 1951, v.II, 
p.478.


5) CANTALAMESSA, OFMCap, Raniero. Echad las redes. Reflexiones 
sobre los Evangelios. Ciclo C. Valencia: Edicep, 2003, p.196.


6) GARCÍA MATEO, SJ, Rogelio. El misterio de la vida de Cristo 
en los Ejercicios ignacianos y en la “Vita Christi” Cartujano, 
de Ludolf von Sachsen. Antología de Textos. Madrid: BAC, 2002, 
p.103.


7) FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. 
Vida pública. Madrid: Rialp: 2000, v.II, p.23. 

8) SANT’AMBROGIO. Tratado sobre el Evangelio de San Lucas. 
L.IV, n.72. In: Obras. Madrid: BAC, 1966, v.I, p.227.


9) GOMÁ Y TOMÁS, op. cit., p.78.

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