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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)


Gesù cammina sulle acque

Vangelo


Dopo che la folla ebbe mangiato, 22 subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23 Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. 24 La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. 25 Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. 26 I discepoli, a vederLo camminare sul mare, furono turbati e dissero: “È un fantasma” e si misero a gridare dalla paura. 27 Ma subito Gesù parlò loro: “Coraggio, sono Io, non abbiate paura”. 28 Pietro Gli disse: “Signore, se sei Tu, comanda che io venga da te sulle acque”. 29 Ed egli disse: “Vieni!” Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30 Ma per la violenza del vento, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!” 31 E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” 32 Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33 Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: “Tu sei veramente il Figlio di Dio!” (Mt 14, 22-33).


Fino a dove deve arrivare la nostra fede


La barca con gli Apostoli è in balìa della tempesta:

potrebbe essere l’immagine della Chiesa in lotta, nei

mari di questo mondo, in piena notte, con l’obiettivo di

approdare sulle rive del Regno Eterno.


I – La moltitudine voleva proclamarLo re


“Ecco il grande Profeta, atteso da secoli! Ecco Colui che è stato annunciato da Mosè! Ecco il Figlio di Davide!”. Tra grida e acclamazioni, sembrava si stesse realizzando in Galilea il trionfo di Gesù (cfr. Gv 6, 14). In forma sintetica, ma molto espressiva, San Giovanni è l’unico Evangelista a narrare la forte impressione prodotta dalla moltiplicazione dei pani e dei pesci in coloro che ne beneficiarono, il cui racconto, nella penna di San Matteo (cfr. Mt 14, 13-21), abbiamo avuto la precedente domenica, 18ª del Tempo Ordinario.


I testimoni del miracolo, oltre ad aver molto apprezzato il cibo, rimasero psicologicamente colpiti dal potere di quel Gesù di Nazaret, convinti che fosse realmente Lui il Profeta che sarebbe dovuto venire al mondo.


Altra era, invece, la realtà vista dagli occhi del Divino Maestro. Quello che sembrava il maggiore successo della sua vita, era, nella concretezza dei fatti, il maggior pericolo che la sua opera poteva correre. Ecco perché Egli ha impiegato la sua forza e saggezza divina per indirizzare bene questo spontaneo e frizzante entusiasmo.


Concezioni erronee riguardo al messianismo


Tutti erano convinti di trovarsi dinnanzi a quel Messia tanto commentato e anelato. E, senza dubbio, avevano ragione! Infatti era Lui il preannunciato dai profeti, l’atteso da patriarchi e re, e il promesso da Dio ad Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre. Era il Salvatore. Ma non corrispondeva al modello creato, nel corso dei tempi, dal popolo eletto. Non era un leader politico nazionalista, terrestre e carnale; ma piuttosto il Messia, nel contempo Uomo e Dio, celeste e spirituale.


Egli stesso dirà a Pilato che il suo Regno non è di questo mondo, pertanto, con nulla in comune con gli altri regni tanto dibattuti e ambiti da un’opinione pubblica obnubilata.


Era dovuto a questo equivoco il desiderio del popolo, eccitato all’estremo, di appropriarsi del Signore e di proclamar-Lo immediatamente re di Israele, anche se contro la sua divina volontà.


A questo punto della vita pubblica di Gesù – ci troviamo nel quattordicesimo capitolo di San Matteo, che corrisponde al sesto di San Giovanni –, nulla portava a blandire l’infondata ambizione del popolo, nemmeno le mirabolanti idee dei dottori della Legge, farisei, sacerdoti, ecc. In ogni caso, né gli uni né gli altri hanno voluto comprendere e neppure vedere o intuire, le linee generali delineate da Gesù riguardo all’annuncio della Buona novella. Pochi presenti si sono resi conto, e comunque anch’essi in modo insufficiente, delle bellezze che il Salvatore portava.


Tali concezioni erronee riguardo il messianismo, fermentate nel corso dei secoli all’interno del popolo eletto, hanno prodotto un’incompatibilità tra le moltitudini e il Divino Maestro, rendendo più profondo, ad ogni passo, l’immenso abisso che le separava dal Vangelo. Sarebbe proprio a partire da questo punto che molti discepoli Lo avrebbero abbandonato; infatti pensieri simili, sebbene con meno acume e sostanza, si annidavano perfino nello spirito di quelli che L’accompagnavano.


Problema quasi insolubile per l’intelligenza umana


Incomparabilmente più dinamica di quella degli Apostoli, accecata dalle sue idee fisse, la moltitudine non riusciva a raggiungere le vette della dottrina predicata da Nostro Signore, a proposito del vero Regno messianico, né desiderava abbandonare i suoi preconcetti distorti sulla figura del Messia.


Quegli uomini vedevano in Gesù il capo che li avrebbe portati a conquistare il potere per mezzo di miracoli portentosi e, abbacinati dagli aspetti sovrumani della moltiplicazione dei pani e dei pesci, progettavano di condurre il Signore a Gerusalemme, per proclamarLo re.


Momenti di grande perplessità e suspense: che fare? Per un’intelligenza puramente umana, la situazione era intricata, confusa e quasi insolubile. Sappiamo quanto le agitazioni popolari siano terribili quando arrivano al parossismo: ingaggiano le personalità più forti e attirano anche quelli più abili, con decisioni molte volte impensate, frutto di puro impulso. Ma tutto questo costituisce per Gesù un problema estremamente facile da risolvere.


Moltiplicazione dei pani e dei pesci

Incipiente rivoluzione sventata in un sol colpo


Dopo che la folla ebbe mangiato, 22 subito Gesù costrinse i

discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché

non avesse congedato la folla.


Se Gesù fosse rimasto con la moltitudine, insieme con i suoi discepoli, probabilmente questi si sarebbero lasciati influenzare dall’esaltazione di tutti. Infatti, coltivavano anche loro il sogno di essere liberati dal giogo romano e di conquistare il mondo intero.


Se, d’altra parte, Egli fosse partito con i suoi discepoli per altri luoghi, l’esaltazione della folla non avrebbe fatto altro che aumentare e, all’improvviso, sarebbe potuta sfociare in una rivoluzione nella stessa Galilea. La Storia ci insegna quanto questi momenti portino, alle volte, a veri incendi le cui fiamme divorano tutto.


Gesù constatò fino a che punto la moltitudine si lasciasse prendere dall’idea di un trionfo politico-sociale. Non c’era chi fosse in grado di frenarla da una glorificazione umana del Divino Maestro. Era convinta che proclamarLo re avrebbe portato come conseguenza la fondazione brillante dell’atteso regno terreno.


Di fronte a questo delirio popolare, la prima preoccupazione di Gesù fu quella di salvare i suoi discepoli. E così ha proceduto senza perdere un secondo. Per questo motivo “ordinò ai discepoli di salire sulla barca”. Padre Manuel de Tuya commenta in questo modo: “Così facendo, disfaceva in un sol colpo tutta quella incipiente rivoluzione pseudo-messianica”.1


Gesù mira ad irrobustire la fede dei discepoli


Visualizzando un altro aspetto di questo procedimento del Signore, San Giovanni Crisostomo analizza l’accaduto, dal punto di vista della vita spirituale e della formazione morale dei suoi Apostoli: “Volendo il Signore dare loro l’opportunità di fare un minuzioso esame di quello che era avvenuto, ordinò che si separassero da Lui quanti avevano assistito al miracolo e ricevuto come prova i cesti con gli avanzi; perché poteva sembrare che, essendo Lui presente, avesse fatto loro immaginare una cosa che di fatto non si era realizzata; invece, essendo assente, era impossibile dare al miracolo questa spiegazione”.2


Maldonado3 menziona a Teofilatto che condivide la opinione, cioè, che avendo gli avanzati ed essendo lontani da Gesù, i discepoli potessero meditare sul grande miracolo. Ed è possibile che l’intenzione del Divino Maestro sia stata quella di rendere più robusta la fede dei discepoli. Comunque, non c’è mai una ragione soltanto per spiegare i suoi gesti, i suoi atteggiamenti e le sue parole. Per questo Matteo e Giovanni presentano ragioni diverse per spiegare la partenza degli Apostoli verso l’altra sponda.


Dominio sulla moltitudine


Su questo passaggio, San Giovanni Crisostomo tesse altre considerazioni a beneficio della nostra vita spirituale: “Inoltre, sempre che il Signore operava grandi cose, era solito congedare le moltitudini e persino i suoi discepoli; facendoci capire che non dobbiamo mai cercare il plauso popolare, né fare in modo che il popolo ci segua”.4


Gesù, nel suo potere umano-divino, incantava, seduceva e dominava la moltitudine, ma non permetteva mai che essa avesse su di Lui una qualche emprise. In quei tempi, di frequenti insurrezioni e agitazioni, le turbe erano abituate ad acclamare come salvatori della patria questi e quegli pseudo eroi. Con Gesù, su questa materia, non sono approdati a nulla, poiché Lui era determinato a fare la volontà del Padre; e non solo nel caso suo, ma anche per tutti i suoi discepoli lungo i secoli, la norma sarà sempre fuggire da tutti quelli che cercano di pregiudicare o deviare il richiamo di Dio.


Preghiera in cima al monte


23 Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la

sera, egli se ne stava ancora solo lassù.


Cristo in preghiera nell’Orto degli Ulivi

In che cosa consistesse la preghiera di Gesù, in cima al monte, è per noi un mistero. La sua Anima si trovava nella visione beatifica, pertanto, aveva una nozione chiara di quali fossero i disegni di Dio. La sua conoscenza divina è eterna, per il fatto che Egli è la seconda Persona della Santissima Trinità. Inoltre, la sua conoscenza sperimentale umana si sviluppava in ogni momento.


Certissimo è che questa preghiera è stata fervorosa e perfetta ed è consistita in rendimenti di grazia, lode, adorazione ed anche suppliche forti e definite. Attraverso queste preghiere Egli esercitava la sua missione di Pontefice Supremo, Sacerdote dell’Altissimo.


Che cosa avrà chiesto? Lagrange solleva un’interessante ipotesi: “Essendo il miracolo dei pani un simbolo dell’Eucaristia, non è forse da pensare che in questa occasione Gesù abbia chiesto a suo Padre di concedere questa grazia alla sua Chiesa, ringraziandoLo anticipatamente a nome nostro per questo beneficio?”.5


II – Onnipotenza di Gesù sul suo proprio Corpo


Le circostanze del miracolo


24 La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era

agitata dalle onde, a causa del vento contrario. 25 Verso la fine

della notte egli venne verso di loro camminando sul mare.


Mentre nella notte Gesù si ritirava, immerso nelle sue orazioni, in cima alla montagna, la barca si trovava in mezzo al mare. L’atmosfera era agitata ed il vento di ponente si trasformava in terribile tempesta. Onde enormi, oltre al vento contrario, rendevano inutili tutti gli sforzi intrapresi sui remi. È risaputo che il Mar di Tiberiade ha di questi imprevisti repentini, che lasciano i rematori senza forze e scoraggiati. Ma Gesù, anche stando a distanza, umanamente parlando, col suo potere divino li seguiva in ogni istante. Li vedeva nella grande difficoltà in cui si trovavano. Dopo le tre del mattino, ha camminato sopra le acque ed è giunto in prossimità della barca.


Avrà Egli assunto in quel momento l’agilità caratteristica del corpo glorioso o avrà compiuto un miracolo? La cosa certa è che ha superato la distanza esistente dall’alto della montagna al centro del lago con estrema facilità.


Secondo quanto osserva ancora Lagrange,6 Marco afferma che Gesù li vedeva da lontano, sebbene Matteo non dica nulla al riguardo. Da parte sua, Maldonado, basandosi su San Cirillo di Alessandria e Leonzio, tesse considerazioni molto interessanti sull’occasione scelta dal Maestro: “Gesù Cristo ha atteso una triplice circostanza per operare il miracolo: che i discepoli fossero in alto mare, dove non potevano aspettarsi aiuto da nessuna parte; che il vento fosse loro contrario e la barca fosse investita dalle grandi onde; che arrivasse l’ultima vigilia della notte, affinché i naviganti provassero la loro fede e pazienza, e sentissero la necessità di un miracolo”.7


Mantenere la calma nella tempesta


Da questo avvenimento possiamo trarre una buona lezione per i momenti di difficoltà e tentazione, che molto spesso ci troviamo ad affrontare. Nel momento della tempesta, ci viene l’idea che siamo prossimi a morire. Molte volte neppure arriviamo a prevedere la burrasca nella quale, all’improvviso, siamo introdotti. È stato quello che è capitato agli stessi Apostoli. Chi di loro avrebbe potuto immaginare che, imbarcandosi su espresso ordine di Gesù, avessero potuto incontrare un mare così agitato e tempestoso?


Ci imbattiamo in venti contrari e impetuosi? Dobbiamo saper mantenere la calma. Anche se in forma impercettibile, Gesù è sempre presente e, da un momento all’altro, Si farà vivo per noi.


Comprendiamo, allora, da questo episodio, quanto il pensiero di Dio non solo è infinitamente superiore al nostro, ma anche distinto. Se noi avessimo visto il terribile sforzo dei discepoli, che remavano contro le onde, nell’angoscia e nel pericolo, e l’inutilità del loro impegno, avremmo cercato immediatamente di soccorrerli. Dio invece ha fatto finta di essere assente, per far brillare il suo potere e la sua gloria, fortificare la loro fede, concedergli più meriti e premiarli, infine, con consolazioni inenarrabili.


Allo stesso modo è condotta anche la Chiesa dal suo Divino Fondatore: esposta a ogni specie di persecuzioni e drammi, da ognuna di queste situazioni risulta sempre vittoriosa e, non poche volte, trionfante.


“È un fantasma”


26 I discepoli, a vederLo camminare sul mare, furono turbati e

dissero: “È un fantasma” e si misero a gridare dalla paura. 27 Ma

subito Gesù parlò loro: “Coraggio, sono Io, non abbiate paura”.


Torniamo a considerare la situazione dei discepoli in mezzo al mare, nell’ardua lotta contro la tempesta. “Il quarto Evangelista, uomo di mare come tutti loro, chiarisce il percorso fatto dalla barca fino all’alba: ‘Dopo aver remato circa 25 o 30 stadi’ (4,5 o 5,5 chilometri, probabilmente non in linea retta, per liberarsi dai colpi del mare, che lì misurava 60 stadi di larghezza, ossia, 11 chilometri) ‘videro Gesù che camminava sul mare’”.8


Erano comuni, tra i pescatori di quel tempo, certi miti e superstizioni a proposito di fantasmi marittimi.9 Di qui la reazione descrittaci da San Matteo, a partire dal momento in cui i discepoli cominciarono ad intravvedere un volto umano tra le ombre della notte. All’inizio, Egli apparve camminando parallelamente alla lunghezza della barca; ma una volta constatato l’avvicinamento, proruppero le grida.


Nostro Signore cammina sul mare

Gesù ha avuto compassione della loro debolezza e, immediatamente, ha detto loro di farsi coraggio, dichiarando la sua identità. Le stesse impressioni passano nelle anime di persone che cominciano a convertirsi, ad uscire dalle tenebre del peccato e dell’infedeltà, da una vita debole e mondana! La luce che ancora non si è fatta forte davanti ai loro occhi non permette loro di distinguere perfettamente tutti gli oggetti, per cui si impauriscono con facilità ed immaginano fantasmi da tutte le parti… Basta che queste anime si mettano in stato di pace e fiducia per sentire Gesù che dice loro: “Coraggio: sono Io, non abbiate paura!”.


Dal panico all’entusiasmo


28 Pietro gli disse: “Signore, se sei Tu, comanda che io venga da te sulle acque”.


La pittoresca scena che segue è riferita solamente da Matteo. Pietro, sempre pieno d’ardore e quasi mai valutando le conseguenze delle sue richieste ed azioni, nell’udire la voce del suo Maestro, passò dallo stato di panico a quello di entusiasmo e chiese al Signore di raggiungerlo, camminando sopra le acque. Conosceva bene il potere di Gesù Cristo e sapeva che una Sua parola sarebbe stata sufficiente per operare il prodigio. Il suo desidero era di unirsi al Signore, anche se fosse stato a nuoto. Non mirava ad un miracolo. Desiderava, questo sì, stare ben vicino al Maestro, che tanto amava.


Inoltre, era senz’altro possibile che non fosse estraneo al suo spirito il desiderio di constatare positivamente che si trattasse del Maestro, e non di un fantasma.


San Giovanni Crisostomo, con i suoi lumi speciali, così commenta la fede di San Pietro: “Vedete come è grande la sua fede, come è grande il suo fervore. Egli non ha detto: ‘prega, supplica’, ma ‘ordina’. […] E ha desiderato vivamente andare fino a Lui, non per fare ostentazione di questo prodigio, ma per il grande amore che aveva per Gesù, perché non ha detto ‘fammi andare sopra le acque’, ma ‘fammi andare fin dove sei Tu’. […] Questo perché ha creduto che Cristo potesse, non solamente andare sulle acque, ma anche far andare altri”.10


A sua volta, Padre Manuel de Tuya mette in evidenza, in questo episodio, l’impetuoso amore dell’Apostolo: “Alla paura subentra la fiducia; al timore di un maligno fantasma, la fiducia nel suo Maestro. Quello che egli chiede non è lo spettacolare prodigio di camminare sulle acque: Gli chiede con amore e come garanzia ‘di andare dove tu sei’. Perché non aspettare che venisse con tutti nella barca? Perché questo impeto? Pietro! Sei il Pietro di sempre: quello dell’impeto, quello dell’amore e della debolezza”.11


“Signore, salvami!”


29 Ed egli disse: “Vieni!” Pietro scendendo dalla barca, si mise a

camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30 Ma per la violenza

del vento, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!”


Nell’udire l’ordine di Gesù – “Vieni!” –, Pietro, pieno di gioia, salta dalla barca e comincia a camminare sulle acque in cerca del Maestro. Ma, una cosa è la tempesta stando dentro la barca e un’altra, più violenta, stando fuori di questa, senza la sua protezione. Il discepolo smette di guardare verso il Maestro e presta attenzione al furore delle onde. Quella fede iniziale e spontanea diminuisce, cedendo il posto nuovamente alla paura, fortemente basata, questa volta, sull’istinto di conservazione. Indebolita la sua fiducia, il mare ha perso consistenza sotto i suoi piedi.


Questa è la nostra storia: nel corso del nostro cammino verso il Regno Eterno, accade sempre, presto o tardi, che diminuisca il fervore o, alle volte, che perfino la sua sensibilità arrivi al livello zero. Così siamo provati nella nostra fede. Guai a noi, se in queste circostanze ci dimentichiamo che quanto abbiamo di buono viene da Dio! Se alla prima tentazione perdiamo l’entusiasmo e la fiducia, finiamo per sentire la legge della gravità che si riprende il peso della nostra miseria: infallibilmente moriamo. L’unica soluzione per noi è di imitare San Pietro, gridando: “Signore, salvami!”.


San Pietro si rendeva senz’altro conto di quanto fosse inutile la sua grande esperienza di navigazione, in quella tempesta. A nulla o a pochissimo gli sarebbe servito usare la sua abilità per nuotare di nuovo fino alla barca. Nuovamente appaiono le caratteristiche proprie della sua anima così espressiva e trasparente. Pieno di fede, generoso, intrepido e persino imprudente, facilmente pa