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Solennità dell’Ascensione del Signore – (Anno – A)


L’Ascensione di Nostro Signore

Vangelo

In quel tempo, 16 gli Undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17 Quando Lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. 18 E Gesù, avvicinatoSi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in Cielo e in Terra. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20 insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 16-20).

Il pegno della nostra vittoria Assumendo la nostra carne, il Figlio di Dio ha voluto vivere tra noi per darci l’esempio della pienezza della perfezione cui desidera elevarci. Anche l’ascesa del Signore al Cielo è un punto di imitazione. Come sarà, allora, la nostra? I – L’ora della dipartita di Gesù Cristo

La Chiesa celebra la Solennità dell’Ascensione del Signore il giovedì della 6ª Settimana del Tempo Pasquale, anche se in alcune diocesi è stata trasferita, per ragioni pastorali, alla 7a Domenica di Pasqua. Ci furono epoche in cui questa festività era realizzata con grande solennità. Come si commemora a mezzanotte del 24 dicembre la nascita del Bambino Gesù e alle tre del pomeriggio del Venerdì Santo la sua Morte, l’Ascensione era commemorata a mezzogiorno. Nel Medioevo si usava realizzare una processione per rappresentare il tragitto compiuto da Nostro Signore, accompagnato dagli Apostoli e discepoli, da Gerusalemme al Monte degli Ulivi, da dove Egli ascese per unirSi al Padre (cfr. At 1, 12). Durante la Messa, il diacono spegneva il Cero Pasquale subito dopo il cantico del Vangelo, simbolizzando l’ultimo episodio dell’esistenza visibile del Redentore sulla Terra. Oggi, contemplando la sua ascesa al Cielo, teniamo presente che Gesù non ci ha abbandonato ma, al contrario, continua a rimanere con noi, secondo la promessa fatta nel Vangelo: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. E anche noi, in quanto figli, desideriamo rimanere con Lui, visto che è venuto a questo mondo a portarci la partecipazione alla sua natura divina.

II – Quando sarà restaurato il Regno?

Nelle pagine dei loro scritti, gli Evangelisti cercano di esporre gli avvenimenti centrali della vita terrena di Nostro Signore nella maggior parte dei quali Egli ha assunto un corpo sofferente come il nostro. Tuttavia, ad eccezione di San Luca, quasi nulla dicono riguardo all’Ascensione (cfr. Mc 16, 19), evento di somma importanza. Soltanto nel terzo Vangelo troviamo alcuni versetti dedicati a questo mistero (cfr. Lc 24, 50-51), oltre a un racconto più particolareggiato, all’inizio degli Atti degli Apostoli, in cui, dando seguito al suo primo libro, lo stesso autore descrive l’azione mistica di Gesù dopo la sua partenza per il Cielo, ossia, lo sviluppo e l’espansione della Chiesa al suo nascere. Per tale ragione, e per esser stata la conclusione del Vangelo di San Matteo oggetto di altri commenti,1 esso sarà analizzato alla luce della narrazione dell’Ascensione fatta da San Luca – prima lettura di questa Solennità (At 1, 1-11) –, giacché il testo evangelico non si riferisce propriamente al fatto storico del commiato di Nostro Signore, ma a una delle sue apparizioni avvenuta durante i quaranta giorni in cui, risorto, convisse con gli Apostoli e trasmise loro i suoi ultimi insegnamenti.

Erronea concezione riguardo al Messia In quel tempo, 16 gli Undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano.



Molte delle manifestazioni di Nostro Signore in questo periodo avvennero in Galilea. Scegliendo una regione lontana da Gerusalemme era evidente che il vero culto a Dio non si legava più al Tempio, ma alla sua Persona Divina. Il primo versetto del Vangelo ricorda anche la sua predilezione per i luoghi elevati, tante volte dimostrata durante la sua vita pubblica. Alcuni ritengono che questo episodio sia avvenuto sul Tabor, altri su uno dei monti situati in prossimità del Lago di Genezareth.2 La cosa sicura è che il luogo fu deciso da Gesù stesso per ragioni sapienziali, come commenta San Rabano Mauro: “Il Signore apparve loro su un monte per far capire che il Corpo che aveva assunto nascendo – come succede a tutti gli uomini – era ora elevato al di sopra di tutte le cose terrene con la resurrezione, e insegnava ai fedeli che, se desideravano vederne come Lui la magnificenza, dovevano sforzarsi di passare dalle più basse passioni alle più elevate aspirazioni”.3 Riconoscendo Gesù, gli Undici si prostrarono davanti a Lui per adorarLo. Possiamo giustamente pensare che in questi incontri durante la sua permanenza visibile tra noi prima di salire al Cielo, gli Apostoli sentissero in fondo all’anima che qualcosa di grandioso stava per accadere. Tuttavia, malgrado Lo avessero accompagnato nella sua predicazione e fossero passati per il terribile trauma di vederLo catturato, flagellato, coronato di spine, morto in Croce e sepolto, avendo anche constatato il miracolo della Resurrezione e presenziato le sue apparizioni già in Corpo glorioso nel corso di quaranta giorni, non seppero interpretare bene quella promessa imponderabile fatta dalla grazia nel loro intimo, perché mancava loro la discesa dello Spirito Santo. Essi dedussero, sbagliando, che era giunta l’ora del trionfo sociale di Cristo. Secondo una credenza comune tra i giudei, essi attendevano la restaurazione della sovranità politica di Israele, portata a una nuova pienezza in cui, finalmente, il popolo eletto stesse al di sopra di tutte le nazioni, senza aver bisogno di pagare imposte ai romani. E immaginavano Gesù come il re ideale secondo questa prospettiva. Di conseguenza, la divulgazione del Vangelo, come Egli aveva raccomandato che facessero, sarebbe stata fatta allo stesso tempo con la parola sulle labbra, la spada nella mano destra e una borsa nella sinistra. Sebbene essi, in quanto membri del popolo giudeo, stessero già da vari anni soffrendo la persecuzione e l’ostracismo, non intendevano il motivo per il quale Dio permettesse queste sventure, cosa che in realtà mirava a istruirli a non depositare la speranza nel potere, nella politica o nel denaro, ma nel soprannaturale, nella Religione vera, nella Redenzione operata da Cristo e nella Rivelazione fatta da Lui. Ci sorprende verificare che questa erronea concezione sia durata per tanto tempo tra gli Apostoli, ma la realtà è che nelle apparizioni di Nostro Signore risorto, e fino al momento dell’Ascensione, essi stessero ancora pensando a una gloria umana, al punto da arrivare a chiedere: “Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?” (At 1, 6). La spiegazione più corrente degli esegeti riguardo a questo passo si centra sulla mentalità deformata di coloro che la formularono, e pochi si soffermano sulla significativa risposta del Divino Maestro.

Cristo regna per mezzo della Chiesa

Infatti, è da notare come, in quest’occasione, Egli non contraddica i discepoli, non confuti in forma violenta la loro aspirazione a un potere ostensivo sulla faccia della Terra. Invece, dice loro: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta” (At 1, 7). È una chiara allusione al fatto che qualcosa in linea con quello che desideravano di fatto si sarebbe realizzato, ma nel tempo stabilito dalla volontà divina. Momenti, pertanto, in cui l’onnipotenza di Dio si deve manifestare con tutto il suo vigore nell’opera da Lui chiamata Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, verificandosi gli effetti del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, di valore infinito, versato sul Calvario. Ci sarà allora un solo gregge, sotto l’egida di un solo pastore, e l’autorità di Cristo si eserciterà in modo splendente, anche con riflessi nella vita sociale. Questa stessa prospettiva, svelata dal Signore nel giorno della sua Ascensione, la troviamo nei seguenti versetti di questo Vangelo:

18 E Gesù, avvicinatoSi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in Cielo e in Terra”.

Tale autorità “in Cielo e in Terra”, Nostro Signore la possiede da tutti i secoli, in quanto Seconda Persona della Santissima Trinità, Figlio Unigenito di Dio. Tuttavia, in quanto Uomo, Egli l’ha ricevuta per diritto di conquista attraverso il sacrificio della sua Passione e Morte, come osserva San Girolamo: “Fu dato il potere a Colui che poco prima era stato crocifisso, sepolto in un tumulo, che giaceva morto e poi era risuscitato. Gli fu dato il potere in Cielo e in Terra affinché quello che prima regnava in Cielo ora regni su tutta la Terra, per mezzo della fede di coloro che credono”.4 Molte volte, tuttavia, la Chiesa affronta terribili tribolazioni nelle quali i suoi nemici intraprendono tutti gli sforzi per toglierle la sua autorità. L’analisi della Storia ci porta a verificare che Dio permette, in certe circostanze, perfino un trionfo apparente del male. E quando questo sta per raggiungere il suo culmine ed è sul punto di conficcare lo stendardo della vittoria assoluta, Dio inverte il corso degli avvenimenti. Così, dato che mai c’è stata una crisi così grave come quella dei nostri giorni, in cui il progresso del male si trova in uno stadio avanzato e intravvede il suo successo totale, è necessario che, in un determinato momento, questo stesso male sia intrappolato, terrorizzato, umiliato e soffocato, e la Chiesa brilli con nuovo fulgore. Questa vittoria, come abbiamo detto sopra, non si limita alla santità nel campo delle anime, che essa ha sempre suscitato da quando è stata fondata, ma abbraccia anche la sacralizzazione dell’ordine temporale. San Paolo insegna che la stessa creazione, nutrendo “la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, […] geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rm 8, 21- 22), poiché, se è stata “sottomessa alla caducità” (Rm 8, 20), deve anche esser beneficiata dalla Redenzione. Allo stesso modo, si può affermare che la società civile, che sta alla base di quella spirituale e le offre elementi, è stata fortemente colpita dal peccato ed ha bisogno di ricevere in questo mondo – poiché essa non passerà all’eternità – la sua gloria, per i meriti del Salvatore. L’assemblea Celeste, tuttavia, formata dai Santi, è perpetua e il suo premio consiste nella convivenza con Dio, nella visione beatifica. A noi, come un tempo ai discepoli, non “spetta conoscere i tempi e i momenti”, ma siamo certi che questa glorificazione verrà, poiché Nostro Signore possiede pieno dominio su tutte le cose e, per quanto gli uomini vogliano impedire il compimento dei suoi disegni, Egli li realizzerà quando lo vorrà.

La necessità di evangelizzare 19 “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20a insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato”.

Abbandonando il futuro nelle mani di Dio, cosa avrebbero dovuto fare gli Apostoli? Mettere in pratica la raccomandazione di Gesù in questo versetto, senza pensare ad alcuna restaurazione secondo i loro criteri deturpati, preparandosi a essere testimoni della Buona Novella in tutta la Terra, senza contare su alcun mezzo militare, politico o finanziario, ma sulla forza dello Spirito Santo, come Egli ha garantito prima di lasciarli: “scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della Terra” (At 1, 8). Con questo irresistibile potere essi avrebbero cominciato a divulgare gli insegnamenti del Divino Maestro e il Regno di Dio sarebbe stato impiantato in forma impalpabile, molto più attraverso la Fede che con i mezzi concreti, proprio come il grano di senape che, quando è seminato, si sviluppa quasi impercettibilmente fino a raggiungere una vigorosa espansione (cfr. Mt 13, 31-32).

Confusione tra la prima e la seconda venuta del Messia 20b “Ecco, Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Gesù di lì a poco sarebbe andato a raggiungere il Padre. Prima, però, fa la promessa di rimanere con gli uomini fino alla consumazione dei tempi. San Giovanni Crisostomo evidenzia che Egli qui Si riferisce a tutti i membri della Chiesa, poiché “non disse che sarebbe stato solamente con loro, ma anche con tutti quelli che avrebbero creduto dopo di loro. […] Il Signore parla con i suoi fedeli come a un solo Corpo”.5 Inoltre, commenta ancora il Santo, Egli richiama l’attenzione dei discepoli alla “fine del mondo, allo scopo di attirarli di più e affinché non guardino soltanto alle difficoltà presenti, ma anche ai beni venturi, che non hanno termine”.6 Gli Apostoli, evidentemente, non possono accompagnarLo nell’Ascensione, poiché, chi ha la forza per salire al Cielo, “se non colui che è disceso dal Cielo” (Gv 3, 13)? Tuttavia, quando Egli scompare avvolto in una nuvola, si approssimano due Angeli vestiti di bianco e chiedono: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il Cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al Cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in Cielo” (At 1, 11).


L’Ascensione di Nostro Signore

Le parole dei messaggeri Celesti sono molto espressive, poiché confermano le promesse di Gesù, aprendo la comprensione degli Undici affinché comincino ad intendere che la gloria e l’apparato desiderato dal Messia, e per l’instaurazione del Regno di Dio sulla Terra, non corrispondono ai piani divini in quella circostanza, e sono riservati per il suo ritorno. In realtà, essi confondono la seconda venuta del Signore Gesù con la prima, ritenendo che questa sarebbe dovuta essere pomposa, altisonante, piena di magnificenza, luce e splendore. Ciò nonostante, Egli nasce in una Grotta, abbraccia la povertà al punto da non avere dove posare il capo (cfr. Mt 8, 20) e persino i miracoli che opera hanno un carattere molto sereno, senza grandi fragori, poiché Egli non vuole richiamare troppa attenzione e perfino proibisce, a volte, che se ne faccia propaganda (cfr. Mt 12, 15-16; Mc 1, 43-44). Solo nella seconda venuta – in cui “tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” – Si manifesterà con imponenza e maestà. Infatti, allora il Re dei re scenderà seguito dal corteo degli eserciti Celesti, montati su cavalli bianchi e vestiti di lino di un bianco splendente (cfr. Ap 19, 14). Il Dottor Angelico difende la tesi che, prima di arrivare sulla Terra, a mezza altezza, il Salvatore sarà ricevuto da una miriade di co-giudici che Gli andranno incontro come di solito fanno le autorità di un luogo quando ne accolgono un’altra di maggiore dignità. Sono uomini perfetti scelti per giudicare l’umanità insieme a Lui, poiché “in loro sono contenuti i decreti della divina giustizia”.7 Solo dopo, in un’apoteosi, sarà dato inizio al Giudizio Finale, che separerà il grano dalla zizzania (cfr. Mt 13, 30), quelli della destra da quelli della sinistra (cfr. Mt 25, 33), e si concluderà con la salita dei buoni al Cielo, in compagnia del Figlio di Dio, mentre i cattivi saranno precipitati nelle tenebre.

III – L’Ascensione del Signore, pegno della nostra

Chi oggi Si eleva ai Cieli è lo stesso che fu umiliato, flagellato, coronato di spine, crocifisso tra due ladroni e deposto in un sepolcro. Il Suo Corpo era piagato dalla testa ai piedi, proprio come riguardo a Lui aveva profetizzato il salmista: “Ma io sono verme, non uomo, […] posso contare tutte le mie ossa” (Sal 22, 7.18) ma prima che la sua carne cominci a subire la corruzione (cfr. Sal 16, 10), resuscitò Se stesso col suo potere divino,8 passò quaranta giorni sulla Terra e tornò presso il Padre. San Tommaso si chiede che forza Lo avrebbe fatto salire, e spiega che, essendo Lui la Seconda Persona della Santissima Trinità, in questo istante esercitò la sua onnipotenza, per cui la causa prima fu la sua virtù divina. Basandosi anche su Sant’Agostino, aggiunge che, al momento della Resurrezione, la gloria dell’Anima di Cristo ridondò nella glorificazione del Corpo, con i suoi attributi propri, tra cui l’agilità, che conferisce la capacità di muoversi secondo il pensiero e il desiderio, in maniera che dov’è lo spirito, là ci sia anche il corpo. Ora, non conveniva che Lui permanesse sulla Terra, visto che essa è un luogo di decomposizione, ed era necessario che il suo Corpo immortale stesse nel luogo appropriato, cioè, nel Cielo Empireo. Così, conclude il Santo Dottore, la seconda causa della sua Ascensione, fu “il potere dell’Anima glorificata che muoveva il Corpo come voleva”.9

Una promessa fatta a tutta l’umanità

Nostro Signore Si elevò in virtù del suo stesso potere, ed ebbe la delicatezza di dislocarSi lentamente, ascendendo non alla velocità del pensiero, ma in modo da poter essere ammirato da quelli che presenziavano il miracolo. Si allontanò con calma, sorridendo e benedicendo, fino a diventare un punto sempre più piccolo e scomparire. Alla vista dell’esaltazione del Maestro, tutti i presenti esultarono di gioia e “tornarono a Gerusalemme con grande gioia” (Lc 24, 52).


L’Ascensione di Nostro Signore

Anche per noi l’Ascensione è motivo di gioia, di speranza e di fede. Perché? Utilizziamo un esempio per facilitare la comprensione di questo mistero e la sua implicazione nella spiritualità dei fedeli. Sarebbe impossibile, persino mostruoso, immaginare che nel giorno di Pasqua solo il Capo del Redentore tornasse in vita, mentre il suo Corpo sacro giaceva piagato nel tumulo. Resuscitando il Capo, anche tutto il Corpo doveva farlo! Dunque, la Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo e Lui, resuscitando come Capo della Chiesa, dà ai battezzati il pegno della resurrezione, poiché “ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte” (I Cor 12, 27). Lo stesso si può dire dell’Ascensione: salendo al Cielo in Corpo e Anima, il Redentore concede la garanzia di condurci all’eternità nella stessa forma, poiché “Egli è nostro Capo, bisogna che i membri vadano dove egli si è diretto”.10 A questo riguardo commenta San Giovanni Crisostomo: “Si osservi che il Signore ci fa vedere le sue promesse. Aveva promesso di resuscitare i corpi; resuscitò Sé stesso dai morti e confermò i suoi discepoli in questa fede, nei quaranta giorni. Promise che saremo trasportati in Cielo, e anche lo provò per mezzo delle opere”.11 Quando il Figlio di Dio ha assunto la nostra carne, Egli volle vivere tra noi per dare l’esempio della pienezza e della perfezione in tutte le virtù, atti e gesti che dobbiamo praticare, anche nella nostra futura dipartita per il Cielo, come speriamo. L’Ascensione del Signore è, dunque, per noi, un punto di imitazione. Come sarà, allora, la nostra?

Da Dio veniamo, a Lui dobbiamo ritornare

Nel Vangelo di San Giovanni troviamo le parole del Divino Maestro che sintetizzano la traiettoria della sua vita terrena, e devono anche essere il sunto della nostra: “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre” (Gv 16, 28). Esse possono applicarsi con ogni ragione agli uomini, poiché nessuno di noi ha creato la propria anima. Soltanto il corpo fu formato grazie al concorso dei genitori – e anche questi non lo avrebbero generato senza la forza di Dio –, ma l’anima proviene da Lui, che la crea nell’istante del concepimento affinché animi il corpo. Se siamo stati costituiti da Dio, è necessario che il nostro sviluppo si faccia in vista di questo ritorno a Lui, come è avvenuto con Gesù. Ecco la straordinaria dignità della nostra origine e della nostra finalità: Dio!


Nostro Signore toglie Adamo ed Eva dal sepolcro

Tuttavia, per raggiungere questo fine è indispensabile fare come Nostro Signore, che visse con l’attenzione rivolta al Padre, come ha testimoniato nel suo discorso di commiato: “Io ti ho glorificato sopra la Terra” (Gv 17, 4a). In questo consiste la missione, il dovere morale di ogni uomo. E non pensiamo che tale meta si contrapponga ai nostri obblighi nello stato familiare o in qualsiasi altro, poiché se li assolviamo per amore di Dio, in funzione di Lui e per Lui, realizziamo la nostra chiamata e potremo dire: “Ho compiuto l’opera che mi hai dato da fare” (Gv 17, 4b). Con l’Incarnazione, Gesù ha rivelato all’umanità il Dio Uno e Trino, Padre, Figlio – che è Lui – e Spirito Santo, e ha mostrato che l’unica Religione vera, l’unica via che ci rafforza e ci dà pace è questa che Egli ci ha portato, con il perdono dei peccati, l’istituzione dei Sacramenti e la felicità dello stato di grazia. Per questo ha potuto affermare: “Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini” (Gv 17, 6). Quanto a noi, dobbiamo continuare la sua opera e, per questo, contare sulla forza dello Spirito Santo che ci è promessa. Se saremo convinti che siamo membri del suo Corpo Mistico, chiamati a partecipare all’eredità della sua gloria, e seguiremo la via da Lui aperta, i nostri corpi resusciteranno gloriosi nell’ultimo giorno.

Glorificazione della natura umana

L’Ascensione di Cristo è il preambolo di quello che ci aspetta, come Egli ha annunciato: “Io vado a prepararvi un posto” (Gv 14, 2). Salendo, apre per noi le porte del Cielo e, al cantico degli Angeli, Si stabilisce sul suo trono a fianco del Padre, rappresentando tutta l’umanità, come bene intoniamo nei versi della traduzione brasiliana dell’inno delle Lodi di questa Solennità: “Rendiamo grazie a tale difensore / che ci salva, che ci ha dato la vita /e con sé in Cielo fa sedere/ il nostro corpo sul trono di Dio”.12 Infatti, nel momento in cui l’umanità santissima di Gesù Si siede sul “trono della Maestà divina nei Cieli” (Eb 8, 1) e riceve la gloria dovuta, tutto il genere umano è anch’esso elevato. Sappiamo, tuttavia, che solo nel Giudizio Finale avremo questa gloria, poiché prima di ciò tutti moriremo e il corpo non sarà risparmiato dalla decomposizione, servendo da alimento ai vermi fino a disfarsi. Finché non lo recuperiamo l’anima starà, sotto un certo aspetto, in stato di violenza, come spiega padre Royo Marín: “Se è contraria alla natura qualsiasi mutilazione del corpo umano, […] è evidente che molto più contrario alla natura umana è che il corpo intero si distacchi e si separi dalla sua anima”.13 Tuttavia, il periodo che sta tra l’istante in cui chiudiamo gli occhi per questa vita e quello della resurrezione nell’ultimo giorno è infinitesimo se comparato all’eternità. Alla fine del mondo verificheremo lo straordinario potere di Dio poiché, come ha creato la nostra anima dal nulla, così Egli ricostituirà i corpi a partire da quello che di loro ancora resterà; e, se saremo morti in grazia, li restituirà in stato glorioso, per salire al Cielo tale come Nostro Signore Gesù Cristo nella sua Ascensione, commemorata liturgicamente in questa Solennità.

Egli intercede per noi presso il Padre

In vista di questo, la Preghiera Colletta acquista uno speciale significato ricordando che l’Ascensione del Signore “è già la nostra vittoria”. E prosegue: “Esulti di santa gioia la tua Chiesa, poiché nel tuo Figlio asceso al Cielo la nostra umanità è innalzata accanto a Te, e noi, membra del suo Corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria”.14 Egli è seduto sul trono di Dio, alla destra del Padre, come Intercessore, Mediatore e Sacerdote, presentandoGli la sua umanità! Senza dubbio, ci basta questo per ottenere tutto quello di cui abbiamo bisogno. E Lui non solo offre la sua umanità, come lo fa dopo esser passato per tutte le vicissitudini di un Corpo sofferente, per la Passione e per la Morte. Padre Monsabré, celebre predicatore domenicano, tesse alcune considerazioni su questo tema: “Là, Tu concludi l’opera della nostra salvezza. Là, Tu fai un appello alla nostra fede, alla nostra speranza, al nostro amore, alle nostre adorazioni; là, precursore diligente e devoto, ci prepari un posto, mostrandoci la via che hai seguito e le generazioni beate che hai liberato dal potere di satana. Là, Pontefice misericordioso, Tu mostri le tue piaghe e applichi, a nostro favore, le sofferenze e i meriti della tua Passione e della tua Morte; da là, versi su noi tutti i tuoi doni. Da là, insomma, Tu verrai un giorno, legge sussistente e viva, Sapienza Incarnata, Signore di ogni creatura, esemplare di ogni vita, pienezza di ogni grazia, da là verrai, rivestito di un grande potere e di grande maestà, per giudicare i vivi e i morti”.15 In questo modo, abbiamo a fianco del Padre Uno che partecipa alla nostra natura, alla nostra carne e alle nostre ossa a difenderci, accompagnato da Maria Santissima, che sempre veglia con instancabile maternità sugli uomini. Chiediamo Loro la grazia che le nostre anime non siano macchiate dalle illusioni che hanno portato gli Apostoli a cercare una felicità meramente umana. Sia la nostra attenzione sempre rivolta alle cose dell’alto, cercando di restituire a Dio quanto da Lui riceviamo nel corso della vita. E come siamo in questo mondo per imitare Nostro Signore, che Si è incarnato per essere il Modello Supremo, così dobbiamo anche noi essere esempio per gli altri. Ecco la vera prospettiva in questo stato di prova: mantenere sempre la speranza che, in un determinato momento, saremo in corpo e anima nei Cieli, in una eterna e sublime convivenza con Dio! 1) Cfr. CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. Da rifiutato a onnipotente. In: Araldi del Vangelo. São Paulo. N.18 (Giu., 2003); p.6-11; Commento al Vangelo della Solennità della Santissima Trinità – Anno B, nel Volume III di questa collezione. 2) Cfr. TUYA, OP, Manuel de. Biblia Comentada. Evangelios. Madrid: BAC, 1964,v.V, p.605. 3) SAN RABANO MAURO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. In Matthæum, c.XXVIII, v.16-20. 4) SAN GIROLAMO. Commento a Matteo. L.IV (22,41-28,20), c.28, n.64. In: Obras completas. Comentario a Mateo y otros escritos. Madrid: BAC, 2002, v.II, p.419. 5) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Omelia XC, n.2. In: Obras. Homilías sobre el Evangelio de San Mateo (46-90). 2.ed. Madrid: BAC, 2007, v.II, p.729. 6) Idem, ibidem. 7) SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. Suppl., q.89, a.1. 8) Cfr. Idem, III, q.53, a.4. 9) Idem, q.57, a.3. 10) Idem, a.6. 11) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. In Lucam, c.XXIV, v.50-53. 12) SOLENIDADE DA ASCENSÃO DO SENHOR. Hino de Laudes. In: COMISSÃO EPISCOPAL DE TEXTOS LITÚRGICOS. Liturgia das Horas. Petrópolis: Ave Maria; Paulinas; Paulus; Vozes, 2000, v.II, p.830.. 13) ROYO MARÍN, OP, Antonio. Teología de la salvación. 4.ed. Madrid: BAC, 1997, p.174. 14) SOLENNITA’ DELL’ASCENSIONE DEL SIGNORE. Preghiera Coletta. In: MESSALE ROMANO. Riformato a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato dal Papa Paolo VI. Città del Vaticano: L. E. Vaticana, 1983, p.320. 15) MONSABRÉ, OP, Jacques-Marie-Louis. Le Triomphateur. In: Exposition du Dogme Catholique. Vie de Jésus-Christ. Carême 1880. 9.ed. Paris: Lethielleux, 1903, v.VIII, p.327-329.

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