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IV Domenica di Quaresima – Anno – A.


Gesù apre gli occhi del cieco

Vangelo


1 Passando vide un uomo cieco dalla nascita 2 e i suoi discepoli lo interrogarono: “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?” 3 Rispose Gesù: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. 4 Dobbiamo compiere le opere di Colui che Mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. 5 Finché sono nel mondo, sono la Luce del mondo”. 6 Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7 e gli disse: “Và a lavarti nella piscina di Siloe” (che significa: Inviato). Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. 8 Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: “Non è egli quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?” 9 Alcuni dicevano: “È lui”; altri dicevano: “No, ma gli assomiglia”. Ed egli diceva: “Sono io!” 10 Allora gli chiesero: “Come dunque ti furono aperti gli occhi?” 11 Egli rispose: “Quell’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: ‘Và a Siloe e lavati!’ Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista”. 12 Gli dissero: “Dov’è questo tale?”. Rispose: “Non lo so”. 13 Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14 era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15 Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: “Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo!” 16 Allora alcuni dei farisei dicevano: “Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato”. Altri dicevano: “Come può un peccatore compiere tali prodigi?” E c’era dissenso tra di loro. 17 Allora dissero di nuovo al cieco: “Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?” Egli rispose: “È un profeta”. 18 Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19 E li interrogarono: “È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?” 20 I genitori risposero: “Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco, 21 come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l’età, parlerà lui di se stesso”. 22 Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23 Per questo i suoi genitori dissero: “Ha l’età, chiedetelo a lui”. 24 Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: “Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore”. 25 Quegli rispose: “Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo”. 26 Allora gli dissero di nuovo: “Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?” 27 Rispose loro: “Ve l’ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?” 28 Allora lo insultarono e gli dissero: “Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! 29 Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia”. 30 Rispose loro quell’uomo: “Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi! 31 Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32 Da che mondo è mondo, non s’è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33 Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”. 34 Gli replicarono: “Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?” E lo cacciarono fuori. 35 Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: “Tu credi nel Figlio dell’Uomo?” 36 Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in Lui?” 37 Gli disse Gesù: “Tu L’hai visto: Colui che parla con te è proprio Lui”. 38 Ed egli disse: “Io credo, Signore!” E gli si prostrò innanzi. 39 Gesù allora disse: “Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi”. 40 Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: “Siamo forse ciechi anche noi?” 41 Gesù rispose loro: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: ‘Noi vediamo’, il vostro peccato rimane” (Gv 9, 1-41).


La peggior cecità…


Operando il miracolo della guarigione di un cieco dalla nascita, il Signore Gesù mostra che esiste una cecità peggiore di quella degli occhi corporali: quella dell’anima, che impedisce lo sviluppo della luce soprannaturale infusa nelle nostre anime dal Battesimo.


I – La Domenica “Lætare” ci porta una giubilante speranza


La vista è il principale dei sensi corporei, poiché ci dà la possibilità di conoscere meglio il Creatore, attraverso la contemplazione del vero, del buono e del bello esistente nelle creature.


Questo magnifico dono è simbolo di un altro più prezioso, relativo alla vita della grazia. Non vediamo Dio fisicamente, ma Egli è presente dappertutto. Sebbene possiamo, con la logica, dimostrare la sua esistenza, non ci è possibile vederLo con gli occhi carnali, ma possiamo aderire a Lui con l’ausilio della luce della grazia che illumina l’intelligenza, inclina la volontà al bene e ordina la nostra sensibilità. Senza il dono di Dio che è la virtù della fede, non riusciamo a vedere né ad accettare niente nel campo del soprannaturale.



Fonte Battesimale


Fonte Battesimale

Tuttavia, come afferma Royo Marin, “rivelandoci la sua vita intima e i grandi misteri della grazia e della gloria, Dio ci fa vedere le cose, per così dire, dal suo punto di vista divino, tali come Egli le vede”.1 In senso figurato, potremmo dire che nasciamo con gli occhi bendati e il Battesimo ci strappa questa benda. Ciò nonostante, in Terra vediamo Dio in ombra, ossia, non possiamo vederLo come Egli è. Spiega il concetto con chiarezza Mons. Cuttaz: “Egli si trova davanti a noi in tutta la sua infinita bellezza, poiché è dappertutto, specialmente nell’anima del giusto. Un poco, noi Lo conosciamo per la sua azione, ma non Lo vediamo: ci manca una luce, uno strumento di visione soprannaturale. La grazia ce lo offrirà in Cielo, nel lumen gloriæ – luce della gloria –, della quale sarà il principio”.2


In questa vita terrena, abbiamo nell’anima soltanto una semente della visione beatifica. Tuttavia, passando all’eternità, essa si svilupperà come un albero, scompariranno completamente i veli che coprono la fede e la speranza e vedremo Dio faccia a faccia.


La Liturgia della 4ª Domenica di Quaresima, Domenica della Gioia, ci porta la giubilosa speranza del pieno possesso di questa visione.


II – Un uomo che viveva nelle tenebre fisiche e spirituali


Nello scrivere il suo Vangelo, nel momento in cui la Chiesa si trova in piena controversia con gli gnostici, San Giovanni si impegna fin dall’inizio a provare che Gesù è allo stesso tempo Uomo, sebbene senza personalità umana e Dio, unendo ipostaticamente la natura divina e quella umana nella Seconda Persona della Santissima Trinità.


Analizzando la finalità del Vangelo di San Giovanni, commenta il padre Tuya: “Si è voluto notare in esso una certa tendenza polemica contro il fatto di voler separare l’Uomo da Dio”.3 E aggiunge più avanti: “In un aspetto, l’immagine di Cristo appare delineata con tratti sublimi: è Dio. […] Ma mostra che Lui è anche Uomo. […] Nell’immagine del Dio-Uomo, Giovanni non si limita a speculare: racconta la storia e rivela gli atti divini e umani”.4


Il brano del Vangelo di questa domenica presenta Nostro Signore poco dopo essere uscito dal Tempio, dove aveva appena avuto una delle più infuocate polemiche con i farisei, conclusasi con una solenne dichiarazione della sua divinità, affermando con una formula di giuramento: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono” (Gv 8, 58). I farisei, allora, “raccolsero pietre per scagliarle contro di lui” (Gv 8, 59). Avevano l’intenzione di ucciderLo, ma non ci riuscirono, poiché Lui si nascose e uscì dal Tempio, “perché ancora non era giunta la sua ora” (Gv 8, 20).


Subito dopo questa drammatica scena, Gesù fece davanti a tutto il popolo lo stupefacente miracolo che servirà a confermare l’autenticità delle sue parole riguardo la sua origine soprannaturale.


Cristo dispose tutto per la sua gloria


1 Passando vide un uomo cieco dalla nascita 2 e i suoi discepoli lo interrogarono: “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?” 3 Rispose Gesù: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. 4 Dobbiamo compiere le opere di Colui che Mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. 5 Finché sono nel mondo, sono la Luce del mondo”.


La credenza che i mali fisici fossero sempre conseguenza di un peccato era molto radicata non solo nei giudei, ma anche nei popoli pagani contemporanei di Cristo. “In diverse occasioni” – scrive Fillion – “Gesù stesso sembrava aver considerato come castigo del peccato alcune delle infermità da Lui guarite”.5 San Giovanni Crisostomo6 osserva che una volta, dopo aver guarito un paralitico, Egli lo ammonì: “Non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio” (Gv 5, 14), dando ad intendere così che il peccato era stato la causa di quella malattia.


Nel caso presente, però, il Maestro dichiara tassativamente che questa cecità fu permessa fin dall’eternità, per dare la possibilità di manifestare il suo potere divino sulla natura. Come vedremo più avanti, questo miracolo è stato anche la misericordiosa opportunità per il cieco di ricevere la grazia della conversione; insieme alla luce naturale, gli è stata data la fede in Colui che è la Luce del mondo.


La didattica di un grandioso miracolo


6 Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7 e gli disse: “Và a lavarti nella piscina di Sìloe” (che significa: Inviato). Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.



Resti della piscina di Siloe – Gerusalemme

Genera sorpresa il fatto che Gesù sputi per terra, impasti del fango, lo passi sugli occhi del malato e poi gli dia l’ordine di andare a lavarsi. Ora, Egli avrebbe potuto operare questo miracolo mediante un semplice sguardo o un atto di volontà, come più tardi farà con un altro cieco – quello di Gerico – cui Gesù ha detto: “Vedi” (Lc 18, 42). Qui invece, ha voluto guarire il cieco dalla nascita applicandogli creta sugli occhi e mandandolo a lavarsi nella piscina di Siloe. Bene osserva, a questo proposito, San Giovanni Crisostomo: “Ha sputato per terra perché essi non attribuissero un potere miracoloso all’acqua di questa piscina e perché capissero che era uscita dalla sua bocca la misteriosa energia che aveva rigenerato e aperto gli occhi del cieco. È per questo che l’Evangelista dice: ‘Fece fango con la saliva’. In seguito, per evitare che si pensasse ad un potere segreto della terra, gli ha ordinato di andare a lavarsi”.7


Il Divino Maestro dapprima ha voluto che tutti i presenti vedessero il cieco col fango sugli occhi questo, certamente, causò viva impressione. In seguito, quando l’uomo è ritornato guarito, sarebbe stato evidente davanti a tutti Chi era l’Autore della guarigione. Per un popolo duro di cuore come quello, era necessario che non ci fossero dubbi a tale proposito. Ecco perché Gesù ha utilizzato la propria saliva, mescolandola con la terra, due materie incapaci di per sé di operare la guarigione, mettendo in risalto che proveniva da Lui il potere soprannaturale. Si può osservare che i particolari dell’episodio sono stati divinamente disposti a produrre nei presenti il grande effetto narrato dall’Evangelista.


Da parte sua, il cieco ha creduto nella parola di Gesù. Non ha pensato, per esempio, a quante volte si era già lavato nella piscina di Siloe, senza guarire, né se quel fango avesse potuto pregiudicare ancor più la sua salute. Commenta ancora San Giovanni Crisostomo: “Si noti come il cieco avesse la disposizione a obbedire in tutto. […] il suo unico obiettivo era quello di obbedire a Colui che gli ordinava. Nulla ha potuto dissuaderlo, nulla ha costituito ostacolo”. 8 Egli ha fatto esattamente quanto Nostro Signore aveva ordinato, ed è stato ricompensato.



La guarigione del cieco

Cattiva volontà davanti all’evidente miracolo


8 Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era

un mendicante, dicevano: “Non è egli quello che stava seduto a

chiedere l’elemosina?” 9 Alcuni dicevano: “È lui”; altri dicevano:

“No, ma gli assomiglia”. Ed egli diceva: “Sono io!” 10 Allora

gli chiesero: “Come dunque ti furono aperti gli occhi?” 11 Egli

rispose: “Quell’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi

ha spalmato gli occhi e mi ha detto: ‘Và a Siloe e lavati!’ Io sono

andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista”. 12 Gli

dissero: “Dov’è questo tale?” Rispose: “Non lo so”.


Un fatto così straordinario come questo fu motivo di grande sensazione, commenti e discussioni tra “i vicini e coloro che erano abituati a vedere il cieco” nell’atto di chiedere l’elemosina. Il sintetico racconto evangelico non specifica se ci furono manifestazioni di entusiasmo, di incredulità o di odio. Tuttavia, pare certo che la prima reazione di alcuni fu, per lo meno, quella di “ignorare” l’evidenza della guarigione miracolosa. Indizio di ciò è il tono riservato delle risposte del felice beneficiario del miracolo.


Cattiva fede e durezza di cuore dei farisei


13 Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14 era

infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva

aperto gli occhi. 15 Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo

come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: “Mi ha posto

del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo!” 16 Allora

alcuni dei farisei dicevano: “Quest’uomo non viene da Dio, perché

non osserva il sabato”. Altri dicevano: “Come può un peccatore

compiere tali prodigi?” E c’era dissenso tra di loro. 17 Allora

dissero di nuovo al cieco: “Tu che dici di lui, dal momento che ti

ha aperto gli occhi?” Egli rispose: “È un profeta”. 18a Ma i Giudei

non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista,…


Al pari dell’incomprensione stabilitasi tra i farisei a proposito dell’accaduto, questi versetti rendono evidenti due aspetti del loro stato di spirito. La cattiva fede: poco importandosi ne del favore dispensato da Nostro Signore allo sfortunato cieco, proferiscono contro di Lui la logora censura di violazione del sabato. E la durezza di cuore: anche di fronte all’evidenza, si rifiutano di credere in Gesù e interrogano il mendicante, non per appurare la verità, ma nella speranza di trovare un testimone ostile al Divino Maestro. “Lo interrogano riguardo alla visione ottenuta, non per sapere, ma per forgiare una calunnia e imporre la falsità”,9 commenta San Tommaso. L’ex-cieco, al contrario, espleta in loro presenza un atto di fede in Gesù: “È un profeta”.


Come si schivano i genitori del cieco


18b …chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista.

19 E li interrogarono: “È questo il vostro figlio, che voi dite esser

nato cieco? Come mai ora ci vede?” 20 I genitori risposero:

“Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco 21 come

poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli

occhi; chiedetelo a lui, ha l’età, parlerà lui di se stesso”. 22 Questo

dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti

i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto

come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23 Per questo i suoi

genitori dissero: “Ha l’età, chiedetelo a lui”.


I genitori del cieco non ebbero difficoltà a capire la malizia e l’odio che imperava in questa indagine dei farisei. E avevano motivi in sovrappiù per temerli, poiché l’espulsione dalla sinagoga avrebbe potuto avere gravi conseguenze nel campo civile, come l’esilio e la confisca dei beni. Per questo preferirono evitare qualsiasi possibilità di pronunciarsi riguardo a Gesù: “Non sappiamo. Domanda a nostro figlio, lui è maggiorenne”.


Contrasto tra l’odio dei farisei e la saggezza del mendicante


24 Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: “Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore”. 25 Quegli rispose: “Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo”. 26 Allora gli disserodi nuovo: “Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?”. 27 Rispose loro: “Ve l’ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?” 28 Allora lo insultarono e gli dissero: “Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! 29 Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia”. 30 Rispose loro quell’uomo: “Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi! 31 Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32 Da che mondo è mondo, non s’è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33 Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”. 34 Gli replicarono: “Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?” E lo cacciarono fuori.


Grande era l’ostinazione dei capi della sinagoga. Si nota in questi versetti, ancora una volta, la loro malevola insistenza nel tentativo di ottenere dal miracolato una dichiarazione contro il Signore. “I farisei cercavano nella sua risposta solamente un motivo per sminuire i fatti e negare che Cristo lo aveva guarito”,10 osserva padre Tuya. Tuttavia, assistito dallo Spirito Santo, il mendicante rispose loro con puntualità, proprio come lo stesso Gesù avrebbe fatto in circostanze simili. “Che contrasto tra l’odio, l’astuzia e la violenza dei farisei, represse all’inizio, ma subito dopo dichiarate, e, dall’altro lato, la calma, l’abilità e la sottile ironia del mendicante che, sebbene apparentemente vinto, otterrà la vittoria!”,11 commenta bene a proposito Fillion. È prevalsa la saggezza dell’uomo semplice, fedele alla grazia, sulla pretenziosa scienza dei farisei, divenendo lampante che il miracolo aveva beneficiato più profondamente la visione dell’anima che la visione del corpo.


Quanto ai farisei, questi reagirono in base alla loro ostinazione: dopo aver insultato gravemente l’uomo che un’autorità giusta avrebbe dovuto trattare con ogni benevolenza, decretarono contro di lui la sentenza di scomunica.


Una ragione in più per Gesù per attrarlo a Sé con la sua divina bontà. Commenta, a questo riguardo, Sant’Agostino: “Dopo molte cose, fu escluso dalla sinagoga dei giudei quello che era cieco e ora vedeva. Si infuriarono contro di lui e lo espulsero. Era questo che temevano i suoi genitori, come è stato dichiarato dall’Evangelista. […] Temevano, infatti, di essere scacciati dalla sinagoga; egli non ha temuto ed è stato scacciato; i genitori vi sono rimasti. Ma egli è accolto da Cristo e può dire: ‘Perché mio padre e mia madre mi hanno abbandonato’. Cosa ha aggiunto? ‘Il Signore, però, mi ha preso sotto la sua protezione’. Vieni, o Cristo, e ricevilo; essi lo hanno scomunicato, accoglilo Tu. Tu, l’Inviato, accogli l’escluso”.12


Il fulcro di quest’episodio


35 Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori, e incontratolo gli

disse: “Tu credi nel Figlio dell’Uomo?” 36 Egli rispose: “E chi è,

Signore, perché io creda in Lui?” 37 Gli disse Gesù: “Tu l’hai visto:

colui che parla con te è proprio Lui”. 38 “Ed egli disse: “Io credo,

Signore!” E gli si prostrò innanzi.


L’obiettivo di San Giovanni, nel narrare questo episodio, era, senza dubbio, rendere evidente il seguente punto: con la guarigione dalla cecità, quell’uomo ha ricevuto anche la fede nella divinità di Cristo.


La domanda del Maestro è formulata con suprema sagacità. In diverse occasioni Egli Si definisce nei Vangeli come il Figlio dell’Uomo. Quest’espressione Lo proteggeva dalla malizia dei farisei che cercavano un pretesto per condannarLo, poiché poteva esser interpretata tanto come “l’Uomo che Io sono”, quanto come una denominazione del Messia.13 In fondo, Egli dava testimonianza della sua divinità per mezzo di un titolo del quale i farisei non avrebbero potuto trarre profitto per i loro insidiosi attacchi.


Quando ha risposto al mendicante con le parole: “Tu Lo stai vedendo”, faceva menzione al duplice beneficio che gli aveva concesso: la visione naturale e il dono di credere nella sua divinità. Per questo il miracolato ha proclamato la sua fede prosternandosi davanti a Lui, in atteggiamento di adorazione, e probabilmente ha cominciato a seguire i discepoli.


È ragionevole considerare che questo miracolo abbia concorso molto a confermare nella fede gli stessi Apostoli, inoltre, abbia dato loro la possibilità di ponderare quanto più valga la conversione spirituale della guarigione dalla cecità materiale.


La lettura del prossimo versetto ci farà intendere meglio questo aspetto della questione.


La vera visione


39 Gesù allora disse: “Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non

vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi”.


Il Divino Maestro impiegaqui il verbo “vedere” in due sensi: quello fisico e quello spirituale. Sant’Agostino così commenta questo passo: “Malgrado tutti, nascendo, abbiamo contratto il peccato originale, non per questo nasciamo ciechi; tuttavia, osservando bene, nasciamo ciechi anche noi. Infatti, chi non è nato cieco? Cieco di cuore. Tuttavia il Signore, che aveva fatto entrambe le cose, gli occhi e il cuore, ha guarito tanto gli uni quanto l’altro”.14


40 Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: “Siamo forse ciechi anche noi?” 41 Gesù rispose loro: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: ‘Noi vediamo’, il vostro peccato rimane”.


Alla richiestra di alcuni farisei, il Signore Gesù risponde con un impressionante rimprovero. Infatti, se nonostante tutte le opere da Lui realizzate, uno Lo considera soltanto in modo naturale e umano, senza riconoscere la sua divinità, costui è, di fatto, un cieco d’anima, un cieco di cuore. Al contrario, chi soffre di cecità corporale ma, per azione della grazia, crede nella divinità del Messia, costui è stato guarito dalla cecità spirituale, guarigione incomparabilmente più importante di quella della cecità fisica. Infatti, come afferma l’Apostolo, “le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne” (II Cor 4, 18).


Questa è la bellezza della Liturgia di oggi, che mette in risalto la meraviglia della visione soprannaturale.


III – Lasciamo le tenebre di questo mondo


Il fulcro di questo Vangelo ci è sintetizzato da San Paolo nella sua Lettera agli Efesini (5, 8-14), anch’essa proposta alla nostra considerazione in questa Domenica della Gioia: “Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore” (Ef 5, 8).


Essendo nati con il peccato originale, infatti, resteremo nelle tenebre per comprendere il soprannaturale fino a che non riceveremo la luce della grazia con il Battesimo. Questa è incomparabilmente superiore alla stessa luce solare. “Quello che è il Sole per il mondo sensibile, lo è Dio per il mondo spirituale: la luce della giustizia e della verità eterna, della più elevata bellezza e dell’amore infinito, della più pura santità e della più perfetta felicità”,15 afferma padre Scheeben.


Nel nostro apostolato, sforziamoci, dunque, di aiutare gli altri a recuperare la vista spirituale, perché così potranno contemplare i riflessi della luce divina nella creazione e ordinare la loro vita in funzione di questa Luce che è Gesù Cristo e la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana.


Tramonto visto dalla Casa Madre degli Araldi del Vangelo – San Paolo

Presentandoci questo magnifico Vangelo sulla luce nella 4ª Domenica di Quaresima, la Chiesa ci offre un particolare rinfranco per avanzare con animo risoluto nella vita spirituale. A volte vacilliamo, ci lasciamo trascinare dalle nostre cattive inclinazioni e sentiamo che mettiamo a repentaglio la nostra perseveranza sulla via della santificazione. In questi momenti, ricordiamoci della guarigione del cieco dalla nascita e consideriamo che, se Dio ha permesso che cadessimo in una debolezza, Egli è attento a intervenire in qualsiasi momento e restaurare in noi la vita divina. Con le preghiere e la mediazione materna di Maria, ci troveremo purificati per contemplare la luce del Cero Pasquale, simbolo anch'esso di questa Luce che ci è stata data con la Resurrezione di Cristo e che arriva a noi attraverso i Sacramenti.


1) ROYO MARÍN, OP, Antonio. Teología Moral para seglares.

7.ed. Madrid: BAC, 1996, v.I, p.281.


2) CUTTAZ, François Joseph. Nuestra vida de gracia.

Sus esplendores, sus riquezas. (El Justo). Madrid: Studium,

1962, p.28-29.


3) TUYA, OP, Manuel de. Biblia comentada. Evangelios.

Madrid: BAC, 1964, v.V, p.941.


4) Idem, p.946.


5) FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo.

Vida pública. Madrid: Rialp, 2000, v.II, p.358-359.


6) Cfr. SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Homilía LVI, n.1.

In: Homilías sobre el Evangelio de San Juan (30-60).

Madrid: Ciudad Nueva, 2001, v.II, p.273.


7) Idem, Homilía LVII, n.1, p.282-283.


8) Idem, p.283-284.


9) SAN TOMMASO D’AQUINO. Super Ioannem. C.IX, lect.2.


10) TUYA, op. cit., p.1163.


11) FILLION, op. cit., p.362.


12) SANT’AGOSTINO. Sermo CXXX, n.4. In: Obras. 2.ed.

Madrid: BAC, 1965, v.X, p.630-631.


13) Cfr. LÉON-DUFOUR, SJ, Xavier (Org.).

Vocabulário de Teologia Bíblica. Petrópolis:Vozes, 1972, p.365-366.


14) SANT’AGOSTINO. Sermo CXXXVI, n.1. In: Obras, op. cit., p.642.


15) SCHEEBEN, Matthias-Joseph. As maravilhas da graça divina.

Petrópolis: Vozes, 1952, p.147.


Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.

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